Green Border

Zielona granica


26/04/2024 - 27/04/2024

Proiezione unica ore 21

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Regia: Agnieszka Holland
Interpreti: Behi Djanati Ataï - Leïla, Agata Kulesza, Jalal Altawil, Maja Ostaszewska, Tomasz Wlosok, Dalia Naous, Mohamad Al Rashi
Origine: Repubblica Ceca, Polonia, Francia, Belgio
Anno: 2023
Soggetto:
Sceneggiatura: Agnieszka Holland, Gabriela Lazarkiewicz-Sieczko, Maciej Pisuk
Fotografia: Tomasz Naumiuk
Musiche: Frédéric Vercheval
Montaggio:
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 147


Non hanno mandato il film all’Oscar – panni sporchi da lavare in casa. Le autorità polacche hanno avviato contro la regista una campagna d’odio, per vivere tranquilla ha arruolato due guardie del corpo. Dopo anni negli Stati Uniti, dove ha diretto vari episodi in varie serie tv – da The Wire, a House of Cards a The Affair – Agnieszka Holland è tornata in Polonia. Per raccontare una storia “speculare” a Io Capitano di Matteo Garrone. L’emigrazione lungo la rotta balcanica, attraverso la Bielorussia. Con la collaborazione di Aleksandr Lukašenko, che spinge chi cerca una vita migliore (più realisticamente: cerca di sopravvivere) verso la Polonia, ai confini dell’Ue dove sperano di ottenere lo status di rifugiati. Il confine verde è la paludosa foresta tra Bielorussia e Polonia, rinforzata con molto filo spinato. Seguiamo il dramma di una famiglia di siriani. Viaggiano insieme a un’insegnante che arriva dall’Afghanistan. Arrivati in Bielorussia con l’aereo, passano sotto il filo spinato con donne e bambini e qualche coperta, vengono intercettati dai polacchi e rimandati indietro. Ripassano il “confine verde”, e vengono di nuovo respinti, nonostante gli attivisti che rischiano l’arresto per sottrarli agli stenti e alle brutalità dei poliziotti. Ora ci sono i nuovi profughi dall’Ucraina. E la regista alla Mostra di Venezia – dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria – ha chiesto per tutti i morti un minuto di silenzio.
Mariarosa Mancuso, Il Foglio

Il confine verde dell’ultimo film di Agnieszka Holland – un film sorprendente per l’età e la carriera della regista polacca, inatteso per potenza visiva e lucidità – è la grande foresta che unisce i territori di Polonia e Bielorussia; uno spazio naturale all’interno del quale corre una linea politica e non geografica che divide due nazioni al limite nord-orientale dell’Europa. Nascosti dagli alberi e da un’ombra perenne, i migranti del film, arrivati sul suolo bielorusso con un volo di linea, illusi dalla promessa di Lukashenko di transitare facilmente in Polonia, scoprono che il loro destino sarà quello di restare bloccati in una selva pattugliata da entrambe le parti, ma percepita come una terra di nessuno. Siamo nell’autunno del 2021 e Nur e la sua famiglia siriana, la cinquantenne afghana Leila, più decine di altri disperati – padri, madri, bambini e anziani in transito verso l’Europa – riescono inizialmente a passare il confine, salvo essere rispediti indietro dai soldati polacchi e una volta tornati in Bielorussia ricacciati nuovamente nell’altro lato, in un grottesco e tragico rimpallo. Con il suo bianco e nero cupissimo, Green Border restituisce le spaventose condizioni della foresta, il gelo, l’oscurità, le paludi (da brividi la morte di un bambino risucchiato dalla melma), così da far risaltare il contrasto con l’astrazione e la pretestuosità della questione politica. Il confine rappresentato nel film, nonostante il filo spinato, non ha nulla di definitivo o addirittura di sacro (come ancora succedeva al fiume che separava Europa e Oriente in un’opera d’altri tempi come Il passo sospeso della cicogna di Angelopoulos); è anzi una linea strumentalizzata da una guerra di poteri e interessi, con i migranti ridotti a pedine e gli altri personaggi di cui il film si occupa allargando lo sguardo su una questione collettiva (gli attivisti polacchi, una psicologa che abita vicino al confine, un soldato che pattuglia la zona) chiamati a scegliere tra umanità e indifferenza, tra bene e male, fuori dagli interessi politici e dentro i confini – questi sì astratti, ma irrinunciabili – del bene comune. In un rapido momento del film, la Holland (75 anni compiuti a novembre 2023) cita una scena di L’infanzia di Ivan di Tarkovskij: il passaggio di un fosso da parte di un soldato e una donna, ora sostituiti da un padre e una figlia. Il superamento di un ostacolo è ancora raffigurato con un’immagine poetica, ma la regista sa bene di dover rinunciare almeno in parte alla matrice artistica del suo cinema e di dover scegliere uno stile meno ricercato e più diretto, se non grezzo. In Green Border c’è un’energia rimasta finora inespressa nei film della Holland, una voce collettiva che parla a nome di una società polacca contraria al populismo nazionalista (lo stesso all’origine dell’esclusione del film dalla candidatura agli Oscar 2024) e che deve moltissimo alle giovani co-sceneggiatrici, le militanti Maciej Pisuk e Gabriela Łazarkiewicz. Un lavoro a più mani, dunque, che sa di passaggio di testimone.
Roberto Manassero, FilmTV