Foglie al vento

Kuolleet lehdet


26/01/2024 - 27/01/2024

Proiezione unica ore 21

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Regia: Aki Kaurismäki
Interpreti: Alma Poysti - Ansa, Jussi Vatanen - Holappa, Janne Hyytiäinen - Huotari, Nuppu Koivu - Liisa
Origine: Finlandia, Germania
Anno: 2023
Soggetto:
Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Musiche:
Montaggio: Samu Heikkilä
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 81


Bastano poche immagini per capire che si tratta di un film di Aki Kaurismaki. Anche se il regista finlandese era assente dagli schermi da sei anni, Foglie al vento (presentato a Cannes, dove ha vinto il premio della Giuria) ci reimmerge nel suo mondo un po’ vintage, popolato di gente anonima, venato di umorismo amaro e di poesia. A una fermata d’autobus di Helsinki il destino fa incontrare Ansa, cassiera in un supermercato, e Holappa, agente della sicurezza. Anime solitarie, i due attaccano discorso e capiscono di avere molte cose in comune. Però quella che potrebbe essere l’alba di un amore è resa difficile da una serie di malintesi e di ostacoli imprevisti. A cominciare dal numero di telefono della donna, che Holappa perde, e dalla dipendenza dall’alcol dell’uomo, che spaventa Ansa. Come e più ancora che nei film precedenti, Kaurismaki non si preoccupa di costruire una trama complessa, ma si limita a seminare qualche impedimento sulla strada dell’amore nascente. Sullo sfondo resta il suo pessimismo: dai licenziamenti allo sfruttamento capitalista. Con, in più, il confitto in Ucraina, di cui arrivano notizie attraverso la radio. Però, ciò che sembra angosciare Kaurismaki è l’infelicità dei suoi personaggi di fronte alla vita quotidiana, all’alcolismo e alla solitudine. Malgrado la patina di humour che spande su di essi, capisci che il regista prova un amore autentico per i suoi eroi umiliati e offesi, tanto da voler promettere loro un po’ di felicità malgrado la follia dilagante. Lo humour discreto rimane uno dei tratti distintivi del cineasta: così come i suoi superbi colori, i toni del racconto, la sapiente sintesi tra un profondo pessimismo sulla condizione umana e l’ottimismo della speranza. Una forma di resistenza attraverso la poesia somma, di cui sentivamo la mancanza. Anche questa volta Aki rende omaggio ai numi tutelari del suo pantheon (Bresson, Ozu, Godard.), facendo comparire nella sua Helsinki rétro manifesti di film d’epoca e citando Chaplin nel finale.
Roberto Nepoti, La Repubblica

[…] Ma questo non significa che Foglie al vento sia un’amorosa collezione per cinefili. Tutt’altro: la sua bellezza, la sua “giustezza”, sta proprio anche nell’autoironia con cui Kaurismaki dissemina le sue passioni cinematografiche (e musicali, con paradossali versioni finlandesi di rock e tanghi e, è ovvio, di Les feuilles mortes di Prévert e Kosma) tra le pieghe di una storia che è molto quotidiana, umana e contemporanea. La storia di Ansa e Holappa, due proletari sbattuti fuori più volte dai loro precari lavori, dentro una città che, fin verso la fine, pare sgangherata e vuota, ma dove corre sotterranea (come accade sempre nei suoi film) una corrente di solidarietà tra umili: un’infermiera ti regala dei vestiti, due colleghe si autoaccusano, con te, di furto, un uomo salva cani dal canile e dalla soppressione. Anime solitarie, inquadrate le une di fianco alle altre, sul divano di una casa modestissima ma senza un colore o un arredo sbagliato, sulla panchina di un parco, contro le pareti azzurre del California Pub o davanti al palco del locale dove si fa karaoke, Get On, Baby!, un tango di Gardel, un lieder di Schubert, Mambo italiano, tutti in finlandese; e volti imperscrutabili, battute fulminee, silenzi, rotti solo, ogni volta che qualcuno accende una radio (niente tv, nei film di Aki, solo cinema e radio) da un ininterrotto notiziario sulla guerra in Ucraina. Perché non siamo in un mondo a parte, ma in un hopperiano (Edward), triste mondo attuale; anzi, appeso a una parete del California Pub c’è addirittura un calendario del 2024, e chissà cosa vuole dire. Tutto qui: basta poco per catturarti il cuore e lo sguardo, basta essere bravi e limpidi come Aki Kaurismaki. E avere a cuore la gente, come lui e come Chaplin, l’altro spirito guida di questo film, intravisto nei poster fuori dal Ritz e in certe inquadrature e citato nel nome che Ansa dà alla randagia che adotta, una rossiccia di media taglia che pare incredula di aver trovato qualcuno che si occupi di lei. Perché, tra i tanti lati umani di un film di Kaurismaki, non poteva mancare quello canino.
Emanuela Martini, Cineforum