A Ciambra


10/11/2017 - 11/11/2017

Proiezione unica ore 21

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Regia: Jonas Carpignano
Interpreti: Pio Amato , Koudous Seihon , Iolanda Amato , Damiano Amato , Cosimo Amato , Cosimino Amato , Francesco Papasergio
Origine: Italia/Francia/Germania/Stati Uniti
Anno: 2017
Soggetto: Jonas Carpignano
Sceneggiatura: Jonas Carpignano
Fotografia: Tim Curtin
Musiche: Dan Romer
Montaggio: Affonso Gonçalves
Produzione: Jon Coplon, Paolo Carpignano, Ryan Zacarias, Gwyn Sannia, Rodrigo Teixeira, Marc Schmidheiny, Cristoph Daniel per Stayblack Productions
Distribuzione: Academy Two
Durata: 120


Il titolo viene dal nome di una comunità rom di Gioia Tauro, Calabria. Il regista Jonas Carpignano, che ha trentatré anni ed è un italiano di educazione ed esperienza newyorkese (e, informazione di sicuro non secondaria, nella produzione di questo progetto ha avuto accanto Martin Scorsese, e attrarre la sua attenzione e il suo interesse non è cosa di tutti i giorni, costituisce di per sé un titolo), non è nuovo alla frequentazione dei luoghi in questione e dell’umanità che li abita: gli italiani, i rom, i numerosi immigrati africani impiegati nella raccolta degli agrumi.
Stiamo parlando della Piana di Gioia Tauro, e stiamo parlando di Rosarno, sede nel gennaio 2010 di una violenta reazione della comunità africana alle provocazioni e alle aggressioni subite da elementi locali, primo comune italiano ad essersi costituito parte civile in un processo antimafia, e zona pesantemente sottoposta al controllo della ’ndrangheta. Qui Carpignano aveva realizzato il suo primo film Mediterranea e i corti che hanno preceduto e preparato entrambi i suoi lungometraggi, Mediterranea e A Ciambra, ambedue presentati al festival di Cannes (il primo alla Semaine de la critique, quest’ultimo alla Quinzaine, principale trampolino di lancio internazionale per le novità).
Come il primo film ruotava intorno alla figura di Koudous Seihon, immigrato clandestino dal Burkina Faso attraverso la via crucis del deserto, della Libia, del mare, diventato in Italia avvocato impegnato in collaborazione con i sindacati nella difesa dei diritti dei lavoratori africani in un territorio non facile (ciò che Mediterranea raccontava), così questo secondo è centrato su Pio Amato, un adolescente rom. Il quale, come già il primo (di nuovo presente anche qui e con un ruolo importante), interpreta se stesso. Naturalmente sfrontato e ribelle alle regole e alla legalità, impasto inestricabile di ingenuità e cinismo contemporaneamente presenti nel suo approccio alla vita precocemente disincantato ma senza perdere l’infantilismo e la tenerezza della sua età, Pio fa amicizia con gli africani – con il personaggio interpretato da Koudous Seihon principalmente – che lo accolgono come un fratellino e cercano di proteggerlo mettendolo in guardia dal non mettersi così presto nei guai, ma li tradisce senza battere ciglio compiendo il suo percorso di iniziazione da bambino a uomo, secondo le regole non scritte e ataviche di una comunità senza tetto né legge, corrotta dalla convivenza con la morale mafiosa.
Forma volutamente intermedia, molto attuale, tra finzione e documentario, il film osserva, accompagna, ascolta. Si immerge, affianca e non giudica, secondo un’estetica e una morale (indissolubili, ricordate, secondo l’estremismo della Nouvelle Vague di cui fece le spese il povero Gillo Pontecorvo ai tempi e per causa del suo Kapò) piuttosto discutibili ma senza il minimo dubbio efficaci nel plasmare un personaggio che non si fa dimenticare. E che sarebbe piaciuto a Truffaut.
Paolo D’Agostini, La Repubblica

Film candidato agli Oscar 2018 nella sezione miglior film straniero in rappresentanza dell’Italia.