Illusioni perdute


25/03/2022 - 26/03/2022

Proiezione unica ore 21

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Regia: Xavier Giannoli
Interpreti: Banjamin Voisin - Lucien De Rubempré, Cécile de France - Louise, Vincent Lacoste - Étienne Lousteau, Xavier Dolan - Raoul Nathan, Salomé Dewaels - Coralie, Jeanne Balibar - Marchesa d'Espard, Gérard Depardieu - Dauriat, André Marcon - Barone du Châtelet, Louis-Do de Lencquesaing - Finot, Jean-François Stévenin , Marie Cornillon
Origine: Francia
Anno: 2021
Soggetto: romanzo "Le illusioni perdute" di Honoré de Balzac
Sceneggiatura: Jacques Fieschi, Xavier Giannoli
Fotografia: Christophe Beaucarne
Musiche:
Montaggio: Cyril Nakache
Produzione: Gaumont
Distribuzione: I Wonder
Durata: 144


A sorpresa, uno dei più bei film della scorsa Mostra del cinema era questo adattamento del classico di Honoré de Balzac, diretto da un regista finora mai entusiasmante. E invece Illusioni perdute supera i limiti dell’adattamento ingessato e schiva quelli dell’aggiornamento cool, trovando misura ed energia in una vicenda che è, già di per sé, un’archeologia del nostro presente. Nella Francia della Restaurazione Lucien de Rubempré è un giovane ambizioso che arriva a Parigi da Angoulême al seguito della nobile di provincia di cui è amante, ma che per onore alle convenienze si stacca da lui. E lui (che ha preso il cognome nobiliare della madre, ma è solo il figlio di un farmacista) comincia la scalata nel giornalismo, sentina di complicità, corruzioni e di quelle che oggi sarebbero fake news (e all’epoca erano chiamate canard). Giannoli e il suo sceneggiatore Jacques Fieschi si concentrano sulla parte centrale del romanzo, quella più famosa, con l’ascesa e la rovina parigina, e aggiustano in maniera esemplare alcuni passaggi narrativi per renderli più funzionali (compreso un elegante colpo di scena finale). La voce narrante e i dialoghi sono in parte di Balzac, in parte “alla maniera di”, con frasi fulminee che tendono all’aforisma. Perfetto il cast di attori giovani e meno giovani: il protagonista Benjamin Voisin, Cécile de France, Jeanne Balibar, Gérard Depardieu il regista Xavier Dolan… La regia, tambureggiante, usa musiche settecentesche, da Vivaldi a Mozart, a mostrare un sovrapporsi di tempi storici. Ma quando entra in scena il personaggio più commovente, Coralie, l’attrice amante di Lucien (interpretata da Salomé Dewaels), in colonna sonora entrano le note, tutte romantiche, di Schubert, secondo la lezione del Kubrick di Barry Lyndon .
Emiliano Morreale, La Repubblica

Balzac nostro contemporaneo. La Francia della Restaurazione come specchio deformante del presente. I traffici della nascente industria culturale come prova generale di qualcosa con cui non abbiamo mai smesso di fare i conti: il giornalismo, la pubblicità, la manipolazione delle notizie, la mercificazione dei corpi e delle idee. E i mille modi in cui tutto questo si intreccia e si confonde. Nella Parigi frenetica di Luigi XVIII tutto si compra e tutto si vende (ma tutto si scrive, anche, come capiremo alla fine). Carriere, opinioni, sogni di gloria: ogni cosa ha un prezzo. È la stampa, bellezza! Anzi è il liberalismo. Tutto è consumabile (e reversibile), salvo la morte. La morte e il suo contrario: la nascita. Per cui il giovane aspirante scrittore Lucien de Rubempré, nato più volgarmente Chardon, ha un bel fregiarsi del cognome nobiliare materno (lo stesso Balzac si era aggiunto un “de” dopo la morte del padre). L’aristocrazia parigina non aprirà mai le sue porte a quel borghesuccio di provincia se non per castigarlo. E il cuore dell’affollato film di Giannoli, regista eclettico, ambizioso e con trascorsi da giornalista, come il suo eroe, sta proprio in questa promessa senza fine, in questa energia inesauribile che porta l’elettrico Lucien (Benjamin Voisin scoperto in Estate 85 di Ozon) di casa in casa, di letto in letto, di redazione in redazione. In un vorticare di sfide – e disillusioni – scandite dalla voce narrante di Xavier Dolan, altro giovane scrittore e suo più maturo alter ego. Centro segreto di una costellazione che unisce giornalisti venduti e contenti (Vincent Lacoste), capoclaque servili e onnipotenti (il compianto Jean-François Stévenin), baronesse innamorate ma vili (Cécile de France), marchese occhiute e viperine (Jeanne Balibar), editori analfabeti ma dal fiuto infallibile (Gérard Depardieu), attricette generose e innocenti, dunque destinate a pagare il prezzo più alto (Salomé Dewaels). Mentre i banchieri diventano ministri (come Macron, come Draghi), gli imprenditori investono in prodotti esotici (l’ananas!). E lo spettatore si gode il gioco di riflessi fra ieri e oggi contagiato dal divertimento di un cast multigenerazionale che non si perde un sottinteso, un ammicco, un “bon mot”. Tutto molto francese, dunque da godere possibilmente in originale. Copie permettendo, naturalmente.
Fabio Ferzetti, L’Espresso