17/02/2023 - 18/02/2023
Proiezione unica ore 21
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Regia: Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch
Interpreti: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi, Elena Lietti
Origine: Italia
Anno: 2022
Soggetto:
Sceneggiatura: Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch
Fotografia: Ruben Impens
Musiche:
Montaggio: Nico Leunen
Produzione:
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 147
Le otto montagne è un bel film, ricolmo di silenzi e paesaggi, di concetti detti e allusi, di metafore e durezze. Non è necessario amare in modo particolare le Alpi, i sentieri scoscesi, le cime innevate, le ciaspole o le pedule di marca per apprezzarlo, ma posso capire perché il romanzo omonimo di Pietro Cognetti, premio Strega 2017, abbia venduto circa un milione di copie, a mettere insieme i quaranta Paesi in cui è stato pubblicato.
Le otto montagne non esisterebbe, credo, senza la prova maiuscola dei due attori protagonisti da grandi, che sono Luca Marinelli e Alessandro Borghi, rispettivamente classe 1984 e classe 1986. Non giravano un film insieme dai tempi di Non essere cattivo, 2015, di Claudio Caligari, sono romani doc, per questo è ammirevole il lavoro compiuto per distaccarsi dalle proprie origini e risultare credibili nell’uso della calata torinese e del patois valdostano. Poi stanno bene accanto sullo schermo, con le loro barbe folte e i loro caratteri opposti, sotto quei maglioni spessi e le berrette di lana, ciascuno dei due personaggi evocando, in un classico cineromanzo di formazione immerso nella bellezza rischiosa e stordente delle cime innevate, una certa idea dell’esistenza.
Pietro è errabondo, curioso, irrequieto, Bruno è stanziale, fattivo, positivo. L’uno, diventato scrittore di successo, arriverà fino in Nepal alla ricerca di sé stesso (il titolo del libro e del film viene da una leggenda appresa lì); l’altro, fallita l’attività tradizionale nel campo dei formaggi, rinuncerà a tutto, anche agli affetti più cari, pur di non muoversi da quella remota baita di montagna ricostruita insieme all’amico.
Michele Anselmi, cinemonitor.it
Presentato in anteprima mondiale alla 75a edizione del Festival di Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria, Le otto montagne, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2017 di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega, è il racconto di un’amicizia senza pari che resiste ai colpi del tempo e che nonostante le incomprensioni e le insidie della vita resta salda, senza piegarsi mai.
Pietro e Bruno sono gli unici due bambini di Grana, un paesino apparentemente sperduto della Valle Aosta. La famiglia di Pietro viene dalla città, padre ingegnere e madre insegnante, mentre quella di Bruno ha sempre vissuto tra le montagne, perciò guardinga, discriminante e sospettosa rispetto ai villeggianti o più in generale alla gente di fuori. Un’amicizia potenzialmente senza fine che si sviluppa nel corso della loro infanzia e che incontra una prima battuta d’arresto nel momento in cui la famiglia di Pietro cerca di portare con sé Bruno per permettergli di studiare e conoscere le potenzialità della grande città. Un’offerta che sembra incontrare il benestare degli zii di Bruno, con i quali il ragazzo vive, ma non quello del padre, che decide di tenerlo con sé, facendolo diventare un muratore e allontanandolo una volta per tutte dall’alpeggio e dalla vita di montagna così amata da Bruno.
Passano gli anni, Pietro e Bruno ancora si incontrano nei bar di Grana, pur senza rivolgersi la parola, fino ad un addio apparentemente definitivo. L’adolescenza sfuma rapidamente e i due diventano adulti senza nemmeno accorgersene e senza più incontrarsi. Finché la morte del padre di Pietro non cambia le cose, e i due amici si ritrovano di nuovo in quei luoghi dell’anima, intrecciando indissolubilmente i rispettivi destini. […]
Immaginare una trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Paolo Cognetti degna di tale nome, sembrava essere un’assurdità, considerata la complessità tematica così stratificata e densa di emotività, riflessioni, psicologismi e vere e proprie analisi di anime tormentate e appassionate, destinate all’inseguimento feroce e cieco di destini molto spesso riconducibili alla solitudine, eppure il duo di registi e sceneggiatori belgi formato da Felix Van Groeningen e la compagna Charlotte Vandermeersch, è riuscito a soddisfare tale obiettivo senza riserve, regalando al pubblico un film memorabile, profondamente commovente e di un realismo così inaspettato da risultare destabilizzante e spettacolare. […]
Eugenio Grenna, Cinematographe.it