Tutto può accadere a Broadway


29/01/2016 - 30/01/2016

Proiezione unica ore 21

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Titolo originale: She’s funny that way Regia: Peter Bogdanovich; Interpreti: Owen Wilson (Arnold Albertson), Imogen Poots (Izzy Patterson), Kathryn Hahn (Delta Simmons), Will Forte (Joshua Fleet), Rhys Ifans (Seth Gilbert), Jennifer Aniston (Jane Claremont), Cybill Shepherd (Nettie Patterson), Austin Pendleton (Giudice Pendergast), Joanna Lumley (Vivian Claremont), Richard Lewis (Al Patterson); Origine: USA; Anno: 2014; Soggetto: Louise Stratten, Peter Bogdanovich; Sceneggiatura: Louise Stratten, Peter Bogdanovich; Fotografia: Yaron Orbach; Montaggio: Nick Moore, Pax Wassermann; Produzione: Lagniappe Films in associazione con Red Granite International, Venture Forth, Three Point Capital, Holly Weirsma Productions; Distribuzione: 01 Distribution (2015); Durata: 93’

 

Una commedia romantica sul desiderio e i suoi labirinti, in cui perdersi può essere bello quanto pericoloso. Un omaggio al miglior cinema di una volta. Una pochade moderna, dunque sfacciata. Ma soprattutto la resurrezione di un grande sfortunato e troppo spesso dimenticato come Peter Bogdanovich, il raffinato regista-critico-cinefilo che dopo aver intervistato tutti i miti del cinema classico (Welles, Ford, Hawks…) ha diretto film pensosi come L’ultimo spettacolo e commedie irresistibili e malinconiche come Ma papà ti manda sola, Paper Moon, E tutti risero, per poi finire ai margini del sistema. Dove sono andati a recuperarlo due campioni del miglior cinema di oggi, Wes Anderson e Noah Baumbach, producendogli il film forse più apprezzato in assoluto di Venezia 2014 (tempi lunghi in Italia…): She’s funny that way, un “veicolo” perfetto per la grazia e il talento dell’inglese Imogen Poots, qui nei panni di una call girl di inossidabile innocenza che ricorda molto la Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany. Anche se l’invenzione più esilarante è quella del suo benefattore Owen Wilson, un regista teatrale e collezionista benefico di escort («sono, come dire… femminista?»). Un piccolo vizio innocente, anzi per molti versi encomiabile (non possiamo spiegare in che senso) che però provoca conseguenze imprevedibili quando Wilson arriva a New York per provare uno spettacolo con sua moglie e il vanesio divo inglese Rhys Ifans (assolutamente superlativo). Perché la migliore candidata al ruolo della protagonista, naturalmente una escort, si rivela essere proprio la ragazza con cui ha appena passato la notte. Ed è solo l’inizio di una baraonda di equivoci e coincidenze diretta con gusto e tempismo perfetti in cui entreranno una psicoterapeuta irritabile (Jennifer Aniston), uno sceneggiatore ingenuo (Will Forte), un giudice innamorato (il veterano Austin Pendleton), un vecchio detective imbranato, e un paio di cani di taglia assai diversa, come nelle grandi commedie svitate di Hawks e compagni.

E tutto con una leggerezza e una gratuità che sfiorano l’inconsistenza ma rendono ancora più irresistibile il gioco dei dialoghi e delle gag cesellate da regista e interpreti con una complicità che scalda il cuore. Charles Boyer, Jennifer Jones e il sommo Lubitsch sentitamente ringraziano. Ma per scoprire perché bisogna vedere il film.

(Fabio Ferzetti – Il Messaggero)

 

Aleggia un dubbio esortando il pubblico a non perdere Tutto può accadere a Broadway e cioè quello che la passione cinefila possa avere portato al diapason il criterio di giudizio. Però anche riconoscendo che il doppiaggio toglie un pizzico di brio all’originale, presentato l’anno scorso alla Mostra di Venezia col titolo She’s funny that way, ribadiamo la ferma convinzione che il ritorno alla ‘screwball comedy’ di Bogdanovich non si accontenti di un pigro ricalco dei capolavori di Lubitsch (Fra le tue braccia funziona peraltro come epigrafe), Wilder o Preston Sturges, bensì proponga un mix di ritmo, battute e personaggi dettati dal rinnovato piacere di sapere sceneggiare e mettere in scena una commedia newyorkese come il dio del cinema comanda. Una sensazione che dovrebbe farsi strada non solo tra i nostalgici dell’autore di E tutti risero e Ma papà ti manda sola?, tanto è vero che il vispo settantaseienne è riuscito a girare il film – scritto ben venticinque anni orsono – grazie alla tutela d’amici odierni come Wes Anderson e Quentin Tarantino, nonché di giovani interpreti complici come Wilson e Aniston.[…]

Il tocco di Bogdanovich, infine, non si limita a praticare la profondità dissimulata tipica del migliore Woody Allen, ma sembra davvero credere con ingenuità – questa sì – vintage che in fondo all’animo dello spettatore tutto possa accadere come sullo schermo luminoso di una buia sala cinematografica.

(Valerio Caprara – Il Mattino)