The Lobster


05/02/2016 - 06/02/2016

Proiezione unica ore 21

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Regia: Yorgos Lanthimos; Interpreti: Colin Farrell (David), Rachel Weisz (donna miope), Jessica Barden (donna che sanguina dal naso), Olivia Colman (direttrice dell’hotel), Ashley Jensen (donna dei biscotti), Ariane Labed (domestica), Aggeliki Papoulia (donna senza cuore), John C. Reilly (uomo col difetto di pronuncia), Léa Seydoux (capo dei Solitari), Michael Smiley (nuotatore solitario), Ben Whishaw (uomo zoppo); Origine: Irlanda, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Olanda; Anno: 2015; Soggetto: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou; Sceneggiatura: Yorgos Lanthimos, Efthymis Filippou; Fotografia: Thimios Bakatakis; Montaggio: Yorgos Mavropsaridis; Produzione: Ed Guiney, Lee Magiday, Ceci Dempsey,Yorgos Lanthimos per Element Pictures, Scarlet Films, Faliro House, Haut

et Court, Lemming Film in associazione con Limp; Distribuzione: Good Films (2015); Durata: 118’

 

Nella società vagamente futura prefigurata in The Lobster vige l’obbligo di vivere in coppia e chi resta solo è condannato a venir mutato in un animale a propria scelta. L’architetto Colin Farrell non ha dubbi: vorrebbe diventare aragosta a motivo della sua longevità e fertilità, ma è chiaro che per il greco Yorgos Lanthimos – al suo primo film di lingua inglese – quel crostaceo è un rimando al modello surrealista così connaturato alla sua vena di cineasta: come non pensare all’oggetto feticcio Telefono aragosta, concepito nel 1936 da Dalì?

Prigioniero in una sorta di lussuosa e triste Spa dove nel giro di 45 giorni dovrà trovare la sua anima gemella o subire la pena di venir trasformato in bestia, Farrell prima tenta di truccare le carte, simulando di avere lo stesso cuore di pietra di una delle ospiti per risultare idoneo a diventarne partner; poi, una volta smascherato il suo gioco, fugge nella foresta unendosi a una comunità di single allo sbando guidati dalla rigida Lea Seydoux la quale, con ideologia di segno opposta, vieta ogni rapporto a due. Ed è proprio lì, vedi caso, che Colin incontra la dolce Rachel Weisz e scatta in lui la molla dell’amore.

La livida fotografia di Thimios Baratakis imprime una cupa atmosfera a questa disturbante black comedy, che con straniato umorismo ironizza sui mali attuali di un mondo affettivamente alienato, dove si cerca riparo alla solitudine navigando fra fasulli profili on line; e, tuttavia, lungi dal rimanere imbrigliato nei limiti della satira, il film vira poco a poco in tragedia romantica.

Negli anni Lanthimos ha maturato un sicuro o stile di stampo buñueliano che, senza ricorrere ad artifici, sublima la realtà a livello di ambigua metafora, suggerendo insondabili pulsioni emozionali e sollevando dubbi piuttosto che proponendo risposte. La colonna sonora mescola efficacemente Shostakovich, Beethoven e ballate popolari: al centro di un ottimo cast, un Farrell imbolsito e dallo sguardo di dimessa follia nascosto dietro le lenti si produce in una delle sue migliori interpretazioni.

(Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa)

 

[…] Come molti film importanti, The Lobster sfugge alle definizioni. Anzi cambia pelle man mano che avanza. Come i suoi personaggi, destinati a esser trasformati in animali se non trovano un partner entro 45 giorni. La prima parte, ambientata in quel vasto resort “aggressivamente beige”, come ha scritto con arguzia Variety, è più apertamente satirica, anche se come in tutti i film di questo geniale regista greco 40enne la ferocia è dietro l’angolo.

La seconda è invece più spietata e insieme didascalica. Perché unendosi agli “scoppiati” che non hanno voluto o saputo trovare un partner e si sono dati alla macchia, vivendo quasi come animali tra i boschi, il malinconico Colin Farrell (mai forse così bravo) si ritrova immerso in un neopuritanesimo non meno totalitario di quello da cui è fuggito, gestito con mano di ferro dalla leader dei ribelli Lea Seydoux. Come se a quella prima parte folgorante per intuizione e densità metaforica, dovesse per forza seguire un capitolo più disteso ed esplicativo, ma anche meno inventivo e affascinante.

È il prezzo che pagano i film più estremi, capaci di creare mondi quasi uguali al nostro usando solo pezzi del mondo in cui viviamo, appunto. Ma è anche il segno di una personalità d’autore prepotente che fa di Yorgos Lanthimos, già regista di due altre ispide fiabe nere scoperte a Cannes e a Venezia, Canino (nel senso di dente) e Alpi, una delle grandi scoperte del cinema europeo di questi anni.

Per cui, malgrado dubbi e riserve, conviene non perdere questo film visivamente molto sofisticato, sorretto da una colonna sonora che mescola con sapienza Beethoven, Schnittke, Stravinskij, Nick Cave, canzoni tradizionali greche e molto altro. E affollato di personaggi memorabili anche in poche scene. Come la soave direttrice del resort, che oltre ad allietare gli ospiti con sinistre esibizioni canore, compiute in coppia col suo rotondo coniuge, dispensa consigli e precetti come la sacerdotessa di una religione assurda ma misteriosamente logica. In tenebroso accordo con un mondo invaso da leggi non scritte ma ferree che imbrigliano la nostra sfera sociale e anche quella personale.

(Fabio Ferzetti – Il Messaggero)