Sugar man


28/02/2014 - 01/03/2014

Proiezione unica ore 21

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Avviso ai naviganti del rock’n’roll: non prendete impegni per il 10 giugno. Questa è una recensione “in anticipo”, ma il film in questione esce in una giornata anomala (lunedì prossimo) e avrà una distribuzione non tradizionale, per cui è bene avvertirvi per tempo.
Searching for Sugar Man è diventato il “caso” musicale del 2013. Ve ne ha parlato qualche giorno fa, su queste colonne, Roberto Brunelli: è l’incredibile storia di Sixto Rodriguez, musicista di Detroit che incise due lp nei primi anni Settanta e scomparve quasi subito dalla circolazione, per poi diventare oggetto di culto in Sudafrica. Dal paese un tempo razzista, all’estremo Sud del mondo, è partita l’avventurosa ricerca di due fan inizialmente convinti che il loro eroe fosse morto: altrimenti, come avrebbe potuto un simile genio sparire nel nulla? Invece Rodriguez era a Detroit, dove faceva quel che aveva sempre fatto per vivere: l’operaio. Ora la sua opera, grazie a questo film, è uscita dal dimenticatoio e l’ha riportato all’onore delle cronache: nei negozi è disponibile il cd con le canzoni e presto arriverà anche questo film, che però una coraggiosa distribuzione spedisce nelle sale in coincidenza con la presentazione con il Biografilm Festival che inizia domani a Bologna.
II film è molto bello perché costruito come un thriller: la scoperta di Sixto avviene gradualmente, e ricostruisce la lunga ricerca dei suoi seguaci. È persino arduo definirlo un documentario: è un vero film, che restituisce l’atmosfera della Motor City degli anni Sessanta e Settanta, quando era la capitale della musica nera. Da vedere, in attesa di comprarlo.
(Alberto Crespi – L’Unità)

Quando una vita ordinaria diventa sceneggiatura straordinaria. Il Biografilm Festival si è aperto a Bologna ieri (fino al 13) con l’anteprima del documentario premio Oscar Searching for Sugar Man, nelle sale del circuito The Space da lunedì. Storia vera che ha dell’incredibile.
Sixto Rodriguez nasce a Detroit nel ’42, sesto figlio di immigrati messicani. Compone ballate acustiche, folk-rock dai testi profondi, dove c’è protesta, alienazione, riferimento a droghe e relazioni complicate, espressione della classe operaia e della gioventù in rivolta. Nel ‘68, in un bar lungo il fiume, viene notato da due produttori: «Solo Dylan scrive così bene» e lo mettono sotto contratto. Nel ’70 pubblica Cold fact, album che ottiene qualche buona recensione e poco più. Ritenta senza essere più fortunato con il secondo Coming from reality, poi si ritira, torna a fare il manovale, ripara tetti, mette su famiglia, nell’81 riesce a laurearsi in filosofia. Sembra la fine invece è l’inizio. Mentre in America tira la cinghia, in Sudafrica Rodriguez è una leggenda. Qualcuno aveva portato lì i suoi dischi. Le cassette giravano «Ho aperto la finestra per sentire che c’era di nuovo ma non si sentiva nient’altro che il blues del Sistema» e lui cantava «Questo apparato crollerà presto sotto una musica giovane e arrabbiata e questo è un dato di fatto». Più le radio lo censuravano, più l’interesse dei giovani per la sua musica cresceva.
Quelle canzoni divennero colonna sonora del movimento contro l’Apartheid, il suo Cold fact fu consumato quanto i dischi dei Beatles e il suo mito tramandato. Lui non sapeva nulla di loro, loro tantomeno di lui (e ancora nessuno sa chi abbia incassato i suoi diritti d’autore). Era sparito. Morto di overdose, marcito in galera. Anzi no, si era dato fuoco sul palco, dicevano. Finché nel ’97 due fan si trasformano in detective, aprono un sito per ricostruire la verità e rintracciano “Sugar Man” (titolo del suo bel brano) laddove è sempre stato: Detroit, ancora operaio. Lo invitano a suonare a Cape Town. Rodriguez e le sue tre figlie si aspettano di trovare qualche vecchio fan, invece ad attenderli ci sono cinquemila giovani che sanno a memoria ogni suo verso, gente che ha tatuato il suo volto sul braccio. Dopo un tour tutto esaurito torna a casa, a imbiancare muri. Ma lo attende un’altra resurrezione. Della sua storia si innamora il regista svedese Malik Bendjellou, che con un’applicazione dell’iPhone costata un dollaro gira Searching for Sugar Man e incassa l’Oscar. Alla cerimonia Rodriguez non va. Non ha nemmeno la tv. Oggi, a settantuno anni, è quasi cieco, ma è tornato a suonare e ha ripreso a lavorare al terzo incompiuto disco. Ci si domanda come sia stato possibile farsi sfuggire la sua musica finora. Clarence Avant, per anni a capo della Motown, lo mette fra i cinque migliori artisti di sempre, e dire che è uno che ha lavorato con Miles Davis e Louis Armstrong. A colpire sono i suoi testi intensi, quella faccia da sciamano, una modestia disarmante. Vale la pena comprare la colonna sonora di Sugar Man (Sony), ora nei negozi. In Francia il film è stato al cinema per sei mesi.
(Simona Orlando – Il Messaggero)

Titolo originale:

Searching for Sugar Man

Regia:

Malik Bendjelloul

Cast:

Dennis Coffey
Stephen “Sugar” Segerman

Sceneggiatura:

Malik Bendjelloul

Durata:

86

Fotografia:

Camilla Skagerström

Musiche:

Sixto Rodriguez

Origine:

Inghilterra
Svezia

Anno:

2012

Distribuzione:

Unipol Biografilm Collection