Palazzina Laf


16/02/2024 - 17/02/2024

Proiezione unica ore 21

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Regia: Michele Riondino
Interpreti: Michele Riondino - Caterino Lamanna, Elio Germano - Giancarlo Basile, Vanessa Scalera - Tiziana Lagioia, Domenico Fortunato - Angelo Caramia, Gianni D'Addario - Franco Orlando, Michele Sinisi - Aldo Romanazzi, Fulvio Pepe - Renato Morra, Marina Limosani - Rosalba Liaci, Eva Cela - Anna, Anna Ferruzzo - Pubblico Ministero, Paolo Pierobon - Moretti
Origine: Italia
Anno: 2023
Soggetto:
Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Michele Riondino
Fotografia: Claudio Cofrancesco
Musiche: Teho Teardo
Montaggio: Julien Panzarasa
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 99


1997. Caterino (Michele Riondino), coscienza sindacale più bassa dello stipendio, sta per sposare la fidanzata Anna mentre deperisce la masseria in cui abita: le pecore muoiono e non cresce più nulla, a ridosso dell’acciaieria inquinante in cui lavora con turni massacranti. Il perfido e untuoso dirigente Giancarlo Basile (Elio Germano) lo corrompe con una promozione a caposquadra e l’auto aziendale: farà la spia, pedinando i colleghi più impegnati e Renato Morra (Fulvio Pepe), un sindacalista troppo impiccione, specie dopo l’ennesima morte sul lavoro. Caterino si fa spostare infine nella Palazzina LAF, che crede il paradiso degli imbucati e dove invece 79 alti impiegati sono sequestrati senza far nulla. LAF, acronimo di laminatoio a freddo, era un edificio interno all’acciaieria più grande d’Europa (nata a Taranto nel 1961) nella quale vennero sottoposti a bossing (la molestia psicologica che induce alle dimissioni) gli impiegati più indocili alla ristrutturazione aziendale e alla novazione del contratto, declassamento a mansioni operaie di impiegati qualificati, messi così nella situazione di autolicenziarsi per non uscirne pazzi. Riva e altri dirigenti ILVA furono condannati infatti dieci anni dopo dalla Cassazione a lievi pene detentive e al risarcimento per bossing e comportamento antisindacale, anche grazie alle testimonianze dei veri Caterino. Prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra, l’esordio di Riondino (scritto con Maurizio Braucci) è un perfetto film pol-pop, come Elio Petri amava denominare il cinema politico popolare: dove la deformazione espressionistica e grottesca di fatti e personaggi accentua l’esattezza millimetrica della ricostruzione storico-politica.
Roberto Silvestri, FilmTV

[…] A raccontare questa storia di operai e padroni, di rivendicazioni e soprusi, di dignità e umiliazioni, è Michele Riondino che con Palazzina Laf firma la sua opera prima da regista. Interprete principale (Caterino) accanto a Elio Germano (Basile), e autore della sceneggiatura insieme a Maurizio Braucci, l’attore pugliese si è documentato attraverso interviste a ex lavoratori e leggendo le carte processuali che hanno portato ad alcune condanne e risarcimenti per le persone coinvolte in uno dei tanti episo di che dimostrano cosa significhi lavorare in Italia.
Un film che racconta in modo diretto l’assenza di una rete fuori dalla fabbrica. Che pone, senza andare mai sopra le righe, la questione del lavoro dentro una società che dimentica la vita degli altri, di chi in fabbrica muore per mancanza di sicurezza o è punito per essersi opposto, per aver cercato una via migliore per tutti.
La Palazzina Laf del titolo è un edificio fatiscente, invisibile, controllato da guardie asservite, dove operai e tecnici sono reclusi fino a quando non si piegheranno alla volontà dei padroni. Chi non accetta la cosiddetta ristrutturazione, la riconversione, è condannato all’esilio, al confino dentro l’ILVA, nella Palazzina Laf, appunto. Nei corridoi e nelle stanze solo donne e uomini da ridurre a corpi senza intelletto, ridotti a giocare con una palla di carta. Solo Caterino non si rende conto della situazione. Pensa che quel luogo sia un paradiso dove è stata abolita la fatica. Sarà solo questione di tempo. Anche lui, farà le sue esperienze, si avvicinerà all’orrore di esistenze condannate al silenzio e all’inazione. E così dopo Paola Cortellesi, anche Riondino sceglie la via della regia per incitare a osservare critica mente un presente radicato in un orribile passato.
Mazzino Montanari, Il Manifesto