I migliori anni della nostra vita


08/11/2019 - 09/11/2019

Proiezione unica ore 21

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Regia: Claude Lelouch
Interpreti: Anouk Aimée - Anne Gauthier, Jean-Louis Trintignant - Jean-Louis Duroc, Marianne Denicourt - Responsabile del Campo di Orgueil, Souad Amidou - Françoise Gauthier, Antoine Sire - Antoine Duroc, Monica Bellucci - Elena, Tess Lauvergne - La figlia di Françoise, Vincent Vinel - Il cantante, Laurent Dassault - L'addetto alla reception, Françoise Coupel - Il direttore del drugstore, Laurent Prudhomme - Il gendarme
Origine: Francia
Anno: 2019
Soggetto:
Sceneggiatura: Claude Lelouch - (adattamento diaologhi), Valérie Perrin - (adattamento dialoghi)
Fotografia: Robert Alazraki
Musiche: Francis Lai - (originali), Calogero - (originali) - canzone originale scritta da Didier Barbelivien e interpretata da Nicole Croisille, Calogero
Montaggio: Stéphane Mazalaigue
Produzione: Les Films 13
Distribuzione: Europictures
Durata: 90


Jean-Louis Duroc, un tempo campione internazionale di corse automobilistiche, vive ora in una casa di riposo, inchiodato a una sedia a rotelle. La sua memoria spesso vacilla, eppure il ricordo della storia d’amore vissuta con Anne Gauthier cinquant’anni prima non è mai svanito. Per questo suo figlio Antoine decide di andare a cercare quella donna che potrebbe aiutare suo padre a rimanere ancorato alla realtà. Con I migliori anni della nostra vita Claude Lelouche compone uno struggente inno all’amore che non finisce mai, di cui Anne e Jean-Louis sono diventati il simbolo prima con Un uomo e una donna (Palma d’oro a Cannes nel 1966) e poi con Un uomo, una donna oggi, del 1986. Tra memoria e immaginazione, nuovi emozionanti incontri e flash back, non sappiamo se Jean-Louis riconosca Anne, ma quella bellissima sconosciuta farà ripartire nella sua mente smarrita e assente il desiderio di nuove fughe, per vivere finalmente quello che anni prima i due si erano negati.
Alessandra De Luca, Avvenire

Che cosa resta dei nostri amori, dice la canzone, e l’82enne romantico pop Lelouch interroga i due amanti del suo film più celebre, Un uomo, una donna (1966) piazzando impietoso, ma onesto, la cinepresa sui volti tracciati dell’89enne Trintignant e della 86enne Aimé, lui in sedia a rotelle spesso immemore, lei ancora un sorriso una donna. È soprattutto un toccante gioco di cinema a ritrovare una passione d’epoca, quei primi piani in bianco e nero, quelle fughe di spiaggia e quei volti che solo gli stessi attori possono spostare nel tempo, con brutale verità. Non succede granché nel nuovo incontro, ma proprio questi ponti emozionali del corpo e delle performance, con un strepitoso camera-car sulle strade di Parigi all’alba, riscattano la mediocrità di quel lontano successo.
Silvio Danese, Il resto del carlino
Immaginare che l’amore eterno esista. Che il solo ricordo possa risvegliare menti appannate dall’età. Che in fondo al baratro della vecchiaia possa nascondersi qualche attimo di gioia. Imprese impossibili, adatte a sognatori incalliti, severamente vietate da qualunque considerazione razionale. L’unico che poteva avventurarsi su un terreno così pericoloso era Claude Lelouch, specialista di intrecci passionali, capace di raccontare, come se ogni volta fosse nuova, l’eterna storia dell’attrazione tra uomini e donne. Ma se l’impresa riesce anche stavolta, nell’ultimo film I migliori anni della nostra vita, il merito è dei protagonisti, Anouk Aimèe e Jean Louis Trintignant, che coraggiosamente prestano i loro volti segnati allo sguardo della macchina da presa, facendo finta di credere alla bugia del tempo che non passa.
Fulvia Caprara, La Stampa

[…] Ne nasce un film che non si rivolge solo ai nostalgici di un classico che è entrato a buon diritto nella storia del cinema e neppure a chi conosce la filmografia del regista a cui offre l’inserto dello spericolato Pour un rendez vous un corto girato all’alba a Parigi nel 1976 con la camera montata sul cruscotto di un’auto lanciata in piena velocità con alla guida un Lelouch pronto ad ignorare qualsiasi divieto. Questo film si rivolge a tutti coloro che sono disposti a riflettere sul mistero della vita e su quello dei sentimenti che la attraversano spingendosi fino alla terza età. Senza però pensare di ‘chiudere’ spazi o di rivolgersi a un’imminente fine.
Se nella casa di riposo, come afferma Jean-Louis, “non si vive ma si aspetta solo di morire” quel reincontrarsi con Anne per entrambi significa ‘rivivere’ e guardare avanti con la consapevolezza di un dono che è stato reciproco anche se poi si è estinto. Nella quotidianità ma non nell’intimo. Questa presenza mai cancellata si riaccende negli sguardi, nei sorrisi in un’auto da corsa divenuta ora una sedia a rotelle da spingere con amore. Una parola di cui Lelouch non ha mai avuto paura nel cinema e nella vita. Talvolta sbagliando ma sempre intenzionato a non smettere mai di cercarne il senso. Questo è il 49esimo film di Claude Lelouch. Il prossimo sarà ancora migliore.
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