Güeros


04/11/2016 - 05/11/2016

Proiezione unica ore 21

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La parola «güero», si potrebbe tradurre biondo, oppure «roscio» in slang, in un paese come il Messico dove il colorito diffuso è piuttosto bruno, indica un complimento che sottolinea l’appartenenza di classe: l’ambiente infatti è quello privilegiato degli studenti universitari. A vederli più da vicino assomigliano piuttosto ai fuorisede che si barcamenano, in più siamo nel 1999 epoca di occupazioni ad oltranza con un blocco di almeno un anno contro la scuola di classe con la richiesta dell’abbattimento delle tasse universitarie. (…)

Più che un omaggio alla nouvelle vague il film esprime un’affinità, l’appropriazione del cinema da parte della nuova generazione. Il regista trentasettenne (che ha studiato alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra) mantiene a giusta distanza la storia che racconta: due universitari (fuorisede) Sombra e Santos, né militanti né impegnati a studiare, vivacchiano in un appartamento fatiscente, bloccati dallo sciopero. L’unico che riesce a scuoterli è il fratello adolescente di uno di loro spedito in città dalla madre perché non combini altri guai. Il suo scopo è andare a trovare il mito della musica rock del padre, Epigmenio Cruz «che un giorno fece piangere Bob Dylan» ora ricoverato in ospedale. Tutti e tre si mettono in moto in un on the road cittadino da percorrere in tutte le direzioni, dai barrios malfamati ai luoghi del festival, alla città universitaria dove incontrano e portano con loro sull’auto sgangherata la leader politica Anna con maglietta a righe alla Jean Seberg in Fino all’ultimo respiro. A rievocare la Nouvelle Vague non mancano le scritte sui muri, il girovagare, la love story che adombra il triangolo e perfino lo svelamento della troupe che sta girando il film. Si parla di solitudine, ideali, ricerca di amore, utili giri a vuoto, piccoli passi verso l’età adulta. Siamo in zona più Truffaut che Godard, più nonsense che teoria, più sentimento che polisenso. L’andamento, ironico e distaccato non solo del racconto ma anche della messa in scena, ad ogni passo inaspettato e divertente nella sua leggerezza, rendono il film assai diverso dai violentissimi ritratti della società messicana che abbiamo visto negli ultimi anni (cominciò Iñárritu con Amores Perros). (…) La nota più drammatica di Güeros sembra essere la disillusione: non il colpo di pistola o la visione inattesa dei film della nouvelle vague che aprivano come uno schiocco di dita il velo su un futuro sconosciuto, ma lo svelarsi di una realtà non così mitologica come si potrebbe immaginare. Epigmenio è in realtà un povero vecchio che ha distrutto la sua carriera (mai veramente iniziata) per amore. E anche il tempo dorato della gioventù rischia di apparire, nella nebbia del ricordo, assai più eroica di come fu, quando era un’impresa convincere una compagna a saltare una manifestazione o far ripartire un’auto in panne. Ma la straordinaria colonna sonora evita l’amarezza. Opera prima premiata al festival di Berlino nel 2014, ha collezionato venticinque premi (tra cui cinque Ariel, i premi nazionali).

(Silvana Silvestri – Il Manifesto)

 

(…) Migliore opera prima al Festival di Berlino 2014, Güeros è ambientato in un momento cruciale della recente storia messicana. Nell’aprile del 1999 gli studenti dell’Università nazionale autonoma diedero il via a una lunga e dura protesta contro la decisione di istituire una quota d’iscrizione annuale. Il movimento causò violenti scontri e ottenne risultati piuttosto contrastanti, come s’intuisce dal fatto che Federico e Santos sono in “sciopero contro lo sciopero”. Sullo sfondo di queste agitazioni, che diventano spesso protagoniste della storia, così come Città del Messico, megalopoli dai mille contrasti, si svolge un viaggio di formazione che diventa un inno della più appassionata e indomabile giovinezza, perché «essere giovani e non essere rivoluzionari è una contraddizione». E se nella prima parte del film paesaggi minimalisti, campi lunghi e dialoghi rendono omaggio ai Vitelloni di Federico Fellini, nella seconda corpi, conversazioni, atmosfere e un senso di ritrovata libertà rimandano alla Nouvelle Vague francese, al Bande à part di Jean-Luc Godard. Ma in questo palpitante road movie in bianco e nero ci sono anche sia tanto cinema indipendente americano (soprattutto Jarmusch) sia Kaurismaki e il Kassovitz delle banlieue parigine. Seppur diretto da un regista teatrale, il film possiede una qualità cinematografica forte che testimonia la voglia del giovane Ruizpalacios di reinventare la realtà con la macchina da presa e di osservarla con uno sguardo sghembo e personale, capace di registrare nei suoi personaggi una vitalità contagiosa, la loro incertezza alle soglie dell’età adulta. E non possono che intenerire gli sguardi dei due fratelli al passato famigliare, alla memoria di un padre scomparso troppo presto, alla delusione annunciato dell’incontro con un mito destinato a sgretolarsi davanti ai loro occhi.

(Alessandra De Luca – Ciak)

 

Regia: Alonso Ruizpalacios; Attori: Tenoch Huerta (Sombra), Sebastián Aguirre (Tomás), Ilse Salas (Ana), Leonardo Ortizgris (Santos); Anno: 2014; Sceneggiatura: Alonso Ruizpalacios, Gibran Portela; Produzione: Catatonia Films, Conaculta, Difusion Cultural UNAM; Distribuzione: Bunker Hill; Paese: Messico; Durata: 106’.