Gemma Bovery


20/03/2015 - 21/03/2015

Proiezione unica ore 21

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Sarà nata con l’intento di replicare il successo di Tamara Drewe di Stephen Frears, la commedia sentimental-letteraria Gemma Bovery della regista francese (ma nata in Lussemburgo e cresciuta in Portogallo) Anne Fontaine, che ha inaugurato a novembre il festival di Torino. Anche questo film è ispirato a un fumetto, anzi una graphic novel come va di moda oggi, della celebre autrice britannica Posy Simmonds, e anche qui protagonista è la bellissima e spumeggiante Gemma Arterton, anche se è Fabrice Luchini la vera “gemma” di un film prevedibile ma non privo di charme e godibilità. L’istrionico attore francese ha il ruolo di Martin Joubert, un sessantenne parigino con ambizioni letterarie che, dopo il pensionamento da una casa editrice, si è trasferito in Normandia per fare il panettiere biologico e trovare la tranquillità agognata. Difficile tuttavia tenere a bada una fantasia rigogliosa, nutrita da copiose letture dei classici : quando nella villetta accanto va a vivere una coppia di inglesi che si chiamano Gemma e Charles Bovery, quasi come i protagonisti del suo libro preferito, egli comincia a sovrapporre realtà e letteratura, spesso aiutato dal destino, talvolta aiutandolo lui stesso. Tanto più che siamo proprio nei luoghi in cui Gustave Flaubert concepì il suo capolavoro alla metà del XIX secolo… Gemma, con la sua sensualità inconsapevole ma prorompente, riaccende i desideri sopiti del panettiere voyeur e la regista di Two mothers e Il mio migliore incubo! non lesina le scene ammiccanti, erotizzando volentieri anche l’arte della panificazione. Nella sceneggiatura scritta con Pascal Bonitzer (collaboratore di Rivette e Téchiné) abbondano naturalmente i riferimenti a Madame Bovary, un libro che in Francia si è obbligati a leggere a scuola come da noi l promessi sposi e che continua a offrire, nella sua essenzialità e ricchezza, diversi piani di lettura. In questo caso il più ovvio e arcinoto: quello dell’insoddisfazione esistenziale di una bellezza di provincia con tutte le sue nefaste conseguenze. Un archetipo femminile universale che ha dato vita a letture psicoanalitiche e che resta in qualche modo moderno, anche se la donna non è più necessariamente ancorata a un destino familiare. Gemma vive i suoi adulteri, prima con un giovane studente aristocratico che finisce per dileguarsi al primo rimprovero materno, poi con un suo ex tornato alla carica, con noncuranza molto contemporanea, senza arrivare ad avvelenarsi con l’arsenico come la sua antenata. Il tutto è consegnato a un’ironia beffarda in cui la baguette resta protagonista. Gran parte di quell’ironia si deve proprio alla presenza di Luchini, che avevamo da poco applaudito in un’altra storia di letteratura e sentimenti come Molière in bicicletta: sornione e sconsiderato nel suo manipolare gli eventi, senza osare farsi avanti in prima persona, vale da solo il prezzo del biglietto.
Cristiana Paternò – Vivilcinema

 

Più francese di così si muore; la regista Anne Fontaine, che migliora con ironia le sue postazioni sentimentali (dopo Two mothers), ci racconta del buffo Fabrice Luchini, intellettuale riciclato panettiere in Normandia, che crede di ravvisare nella coppia vicina di casa la riedizione di Madame Bovary nei luoghi dove l’aveva pensata Flaubert. La patologia letteraria tiene per mano la commedia divertente sul tema wildiano del vizio dell’arte che forse imita la vita e forse no, arrivando alla promessa finale di una Karenina. Destini falliti che si specchiano in mediocrità vitali, con uno spicchio di giallo nel finale. Tutto viene dalla graphic novel di Posy Simmonds e s’avvale della prorompente bellezza di Gemma Arterton, prodigio di leggerezza in un gioco di squadra in cui è la sceneggiatura che fa gol.
Maurizio Porro – Corriere della Sera

 

Nella campagna di una Normandia più o meno contemporanea ma senza tempo, vive il fornaio parigino Martin con la famiglia. Questi è ossessionato dai personaggi della grande letteratura, specie delle opere di Flaubert, e quando una coppia di giovani inglesi dal cognome Bovery si stabilisce nelle vicinanze per lui è l’inizio di un’identificazione totale con le gesta della celebre “Madame”. Film d’apertura a Torino 2014, la raffinata commedia della regista francese già apprezzata per Il mio migliore incubo (la prima a trasformare la Huppert in attrice comica.) s’ispira al graphic novel della britannica Posy Simmonds arrivando a ricalcare una buona mescolanza anglo-francese di cinema “brillante”. Scritta con Pascal Bonitzer, non offre originalità estreme ma una garanzia: la straordinarietà di Fabrice Luchini consolidato voyeur del cinema moderno e la scoperta del talento della formosa “gemma” inglese Arterton.
Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano

 

Regia:

Anne Fontaine

Interpreti:

Gemma Arterton (Gemma Bovery), Fabrice Luchini (Martin Joubert), Jason Flemyng (Charlie Bovery), Isabelle Candelier (Valerie Joubert), Niels Schneider (Hervé de Bressigny), Mel Raido (Patrick), Elsa Zylbertstein (Wizzy), Kacey Mottet Klein (Julien Joubert), Edith Scob (madame de Bressigny).

Nazionalità:

Francia

Distribuzione:

Officine UBU

Anno di uscita:

2015

Origine:

Francia (2014)

Sceneggiatura:

Pascal Bonitzer, Anne Fontaine

Fotografia:

Christophe Beaucarne

Musiche:

Bruno Coulais

Montaggio:

Annette Dutertre

Durata:

99’

Produzione:

Philippe Carcassonne, Faye Ward.