10/01/2020 - 11/01/2020
Proiezione unica ore 21
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Regia: Rian Johnson
Interpreti: Daniel Craig - Benoit Blanc, Chris Evans - Ransom Drysdale, Ana de Armas - Marta Cabrera, Jamie Lee Curtis - Linda Drysdale, Michael Shannon - Walt Thrombey, Don Johnson - Richard Drysdale, Toni Collette - Joni Thrombey, Lakeith Lee Stanfield - Lieutenant Elliott, Christopher Plummer - Harlan Thrombey
Origine: Stati Uniti
Anno: 2019
Soggetto:
Sceneggiatura: Rian Johnson
Fotografia: Steve Yedlin
Musiche: David Parker, Ren Kylce, Albert Nelson, Drew Kunin
Montaggio: Bob Ducsay
Produzione:
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 131
La sera dell’ottantacinquesimo compleanno, il rinomato scrittore di polizieschi Harlan Thrombey è ritrovato ucciso nella sua sontuosa dimora. Scoprire il colpevole toccherà all’investigatore Benoit Blanc, faccia affidabile e metodi alla Poirot. Tra i famigliari della vittima, che si sbranano a vicenda, e la devota servitù, non sarà facile trovare il bandolo dell’intricata matassa. Affermato sceneggiatore, Rian Johnson invade il terreno di gioco di Agatha Christie: però scrive una screenplay originale, senza replicare trame precedenti né esumare detective altrui. Anzi, ne inaugura uno nuovo di zecca affidandolo, a contro-ruolo, a Daniel Craig, che se lo gioca bene. Un Cluedo divertente, con cast all-star, colpi di scena e adeguati tocchi di humour.
Roberto Nepoti, la Repubblica
Agatha Christie trapiantata ai giorni nostri in un riuscito revival dei romanzi e film gialli incentrato sulla caccia all’assassino che ha fatto fuori un noto scrittore nella sua lussuosa magione popolata da parenti serpenti e altri personaggi infidi. Grande prova del Daniel Craig sottostimato erede del ruolo di James Bond che sfodera nel ruolo del detective un bouquet di sfumature del migliore black humour di matrice britannica e conduce lo spettatore nei meandri dei possibili moventi inchiodando come un entomologo le «farfalle» di tipologie umane molto aggiornate e poco raccomandabili. Per chi ama investigare.
Valerio Caprara, Il mattino
Non era facile rivitalizzare il giallo classico. Tramontata da tempo l’era delle indagini di implacabili detective sui generis – dalla Miss Marple di Margaret Rutherford all’Hercule Poirot di Peter Ustinov, passando per il Mr. Moto di Peter Lorre e il parodistico Sidney Wang di Peter Sellers – e fallita malamente l’operazione Orient Express di Kenneth Branagh, non poteva che destare perplessità e preoccupazione il progetto del pur talentuoso regista e sceneggiatore Rian Johnson (Brick – Dose mortale, Looper – In fuga dal passato, Star Wars: Gli ultimi Jedi), alle prese con tutti i pericolosi cliché di un ancor più pericoloso whodunit. Alla fine, più del funzionale cast e della ineccepibile confezione, a far risplendere Cena con delitto – Knives Out è soprattutto la scrittura, la capacità di Johnson di intrecciare il meccanismo del Cluedo (in alcuni momenti sembra di essere a un passo da Signori, il delitto è servito) e le sfumature altmaniane di Gosford Park.
Resta fedele alle regole del whodunit Cena con delitto, eppure apre altri spiragli, vi si infila sommessamente e in punta di piedi sovrappone più indagini: quella poliziesca che regge dal primo all’ultimo minuto, ligia al decalogo di Knox (sì, c’è un solo passaggio segreto…); quella umana, che riesce ad andare oltre la patina ironica, restituendoci il ritratto di una famiglia modernamente disfunzionale; quella sociale e politica, con la maestosa villa dei Thrombey che diventa metafora degli Stati Uniti e delle aspettative socio-economiche della più o meno alta borghesia WASP.
Johnson scrive e dirige un film prevedibile e imprevedibile. Un giocattolo che non è un giocattolo. Cena con delitto – Knives Out chiede al pubblico di stare alle regole e agli attori di gigioneggiare. In entrambi i casi, non è difficile. Sono tutti bravi: Ana de Armas, Daniel Craig, Jamie Lee Curtis, Toni Collette, Christopher Plummer e via via fino all’ultimo, impeccabili come gli attori di Lumet, Hamilton o Guillermin. Star hollywoodiane alle prese con le carte del Cluedo. I loro ruoli, sostanzialmente bidimensionali, richiedono un volto noto per prendere corpo, per catturare immediatamente l’attenzione dello spettatore: scrittura e talento instillano poi in questi cliché parlanti un’anima, liberandoli almeno per un attimo dal loro ruolo prefissato e dal geometrico e ludico meccanismo del giallo deduttivo. In questo senso, è esemplare il personaggio affidato a Daniel Craig, l’investigatore privato Benoît Blanc, un Poirot che ha ovviamente capito tutto ma che continua a scavare, oltre la superficie, oltre la detection. Come Johnson. Chapeau.
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