05/04/2019 - 06/04/2019
Proiezione unica ore 21
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Regia: Peter Farrelly
Interpreti: Viggo Mortensen - Tony Lip, Mahershala Ali - Don Shirley, Linda Cardellini - Dolores, Sebastian Maniscalco - Johnny Venere, P.J. Byrne - Discografico, Don Stark - Jules Podell, Brian Stepanek - Graham Kindell, Daniel Greene - Poliziotto, Iqbal Theba - Amit, Martin Bats Bradford - Ragazzo dell'autobus, Tom Virtue - Morgan Anderson, Anthony Mangano - Danny, Craig DiFrancia - Dominic, Frank Vallelonga - Rudy Vallelonga
Origine: Stati Uniti
Anno: 2018
Soggetto:
Sceneggiatura: Nick Vallelonga, Brian Hayes Currie, Peter Farrelly
Fotografia: Sean Porter
Musiche: Kris Bowers
Montaggio: Patrick J. Don Vito
Produzione: Amblin
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 130
Gradevolmente retrò, fedele allo schema classico dei due personaggi di opposto milieu che si incontrano, si confrontano e alla fine si stimano, Green Book racconta l’amicizia (vera) tra il buttafuori italoamericano Tony Vallelonga detto Tony Lip, abituato a risolvere i problemi a pugni, razzista per forza, e un pianista nero omosessuale, Don Shirley, che tiene concerti per i ricchi americani, ha contatti con la Casa Bianca, vive nel lusso ma, quando viaggia, è costretto a seguire gli itinerari del Negro Motorist Green Book, in pratica la mappa dell’apartheid per non rischiare insulti e pestaggi. Siamo nell’America muscolare del 1962, dove un presidente, JFK, prova a costruire un mondo nuovo e a scardinare vecchi pregiudizi, ma il Ku Klux Klan ha radici potenti, bianchi e neri non possono sedere allo stesso tavolo e i poliziotti ringhiano in faccia all’uomo di colore. Tony ha perso il posto al Copacabana e accetta di fare l’autista di Shirley in un lungo tour negli Stati del Sud, dall’Iowa al Mississippi.
Vallelonga alla guida con il suo cibo spazzatura e Shirley sul sedile posteriore a dare ordini: un mondo ribaltato. Tony è una pasta d’uomo, accetta l’idea che i neri siano inferiori ai bianchi solo perché così dicono tutti. Shirley invece è un nero-bianco, privilegiato ma in realtà due volte rifiutato, forte di una condizione che solo talvolta lo mette di fronte a che cosa significa avere la pelle scura. Il sempliciotto, chiacchierone Tony, con il suo pragmatismo, tira fuori dai guai il compagno di viaggio che non vuole seguire le regole sudiste. Fatica a capire la sua battaglia per la dignità, però ne intuisce la sensibilità e il coraggio. Shirley, che nasconde le sue insicurezze dietro un’apparente alterigia, scriverà per lui appassionate lettere d’amore alla moglie lontana.
Una commedia on the road che Peter Farrelly, per la prima volta dopo 25 anni senza il fratello Bobby accanto, utilizza per esorcizzare il clima d’odio nei confronti del diverso che sembra risorgere negli Stati Uniti e nel mondo (mal) globalizzato. Lo fa con una scrittura puntuale, accattivante, rotonda, merito della sceneggiatura scritta a sei mani con Brian Hayes Currie e Nick Vallelonga, il figlio di Tony Lip. Viggo Mortensen è l’americano imbruttito, venti chili in più rispetto ai tempi del Signore degli anelli. Eppure è lui l’arma vincente di Green Book, assecondato da un misurato, nobile Mahershala Ali (Shirley). Che tra i due scocchino amicizia, comprensione e rispetto è chiaro dall’inizio. Invece è una vera sorpresa il risultato finale del film, frutto di quelle una di quelle magiche alchimie dove tutto funziona e nasce un’opera da Oscar.
Paolo Baldini, Corriere della Sera
Cinque Golden Globe vinti e tre candidature all’Oscar, Green Book si presenta come un classico road movie imbastito sul motivo altrettanto classico di una «strana coppia» formata da individui in ogni senso opposti: il tutto ambientato nel 1962 – tre anni prima dell’abrogazione delle leggi segregazioniste in vigore negli Stati ex-confederati – quando i viaggiatori di colore non si avventuravano nel Sud senza il Greenbook del titolo, ovvero una guida che riportava i nomi degli hotel, ristoranti, luoghi pubblici dove erano ammessi.
E poco importa se il nero in questione è Don Shirley, un noto e raffinato pianista; mentre il bianco Tony Vallelonga detto Lip è solo un buttafuori non esente da pregiudizi razziali.
Consapevole dei rischi di un tour sotto la linea Mason-Dixon, Shirley assume Lip come chauffeur solo perché all’occorrenza sa menare le mani, ma lungo la trasferta a bordo di una cadillac turchese il rapporto evolve: i due scoprono di avere qualcosa da imparare l’uno dall’altro; e il viaggio nei gironi umilianti della discriminazione, li unisce sul piano di una comune condivisione dei valori umani.
La storia è vera: la racconta lo sceneggiatore del film Nick Vallelonga, figlio di Tony. E del resto Lip lo conosciamo tutti, nei Sopranos impersonava il mafioso Carmine Lupertazzi; quanto a Shirley, di lui abbiamo dischi e interviste.
Prevedibile nella struttura, la commedia poteva esser scritta con maggiore sottigliezza drammaturgica e tuttavia, pur nella sua chiave di alleggerimento, mantiene una forza di denuncia. Il Peter Farrelly di Tutti pazzi per Mary e Scemo più scemo dimostra bella scioltezza di ritmo e gli interpreti sono sorprendenti per la naturalezza con cui si sono calati in personaggi per loro inediti.
Estroverso e su di peso il Lip di Viggo Mortensen è lontano anni luce dagli eroi impenetrabili e tormentati che usualmente incarna; lo stesso dicasi per lo Shirley di Ali Mahershala, spacciatore in Moonlight e «true detective» della terza stagione attualmente in onda.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa