Yuli – Danza e libertà


06/12/2019 - 07/12/2019

Proiezione unica ore 21

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Regia:  Icíar Bollaín
Interpreti: Carlos Acosta, Kevyn Martinez, Edison Manuel Olbera Nunez, Laura De la Uz, Yerlin Perez, Mario Sergio Elias, Andrea Doimeadios
Origine: Spagna
Anno: 2018
Soggetto:
Sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia:
Musiche:
Montaggio:
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 109


Ci sono due tipi di film che raccontano l’emancipazione della marginalità: il dramma sportivo e quello musicale. Gli ingredienti sono noti: difficoltà inaudite, volontà di ferro: incidenti vari e poi… il successo. Storia vera del cubano Carlos Acosta, sceneggiata da Paul Laverty, il film li evoca tutti: ma ribaltandoli. Perché il piccolo Carlos, ragazzino povero che balla la breakdance nei vicoli dell’Avana, pur dotatissimo, non vuol proprio diventare un danzatore. Lo costringerà il padre, incanalandone l’energia fino a farne il primo principal di colore del Royal Ballet di Londra.
Racconto di formazione sì, ma tutt’altro che formattato, Yuli danza e libertà si colloca al confine tra fiction e documentario: mettendo in scena Acosta in persona a narrarci la propria arte. Forse i numeri di danza ribadiscono troppo gli episodi (e viceversa); in compenso la regista basca Bollaìn ha uno stile controllato ed essenziale.
Roberto Nepoti, La Repubblica

Più che un biopic, il progetto celebrativo di una delle più importanti personalità della danza americana, il cubano Carlos Acosta. Tratto dalla sua autobiografia e sceneggiato da Paul Laverty, sodale di Ken Loach, Yuli vede in scena lo stesso ballerino, poi coreografo, come appare oggi e nel guardare al passato a partire dall’infanzia, quando era uno scugnizzo costretto dal padre a iscriversi alla prestigiosa Escuela Nacional Cubana de Ballet, per coltivarne il talento ma anche per toglierlo dalla strada e dalla miseria: corsi gratuiti, vitto e alloggio garantiti anziché la precarietà della casa di periferia, con due sorelle maggiori pronte a canzonarlo per una disciplina artistica inizialmente disprezzata, con tanto di scontro con le insegnanti e il tentativo difuga.
Genio e sregolatezza prima dell’adolescenza, pian piano Carlos/Yuli diventa una promessa, poi una realtà internazionale con il perfezionamento a Losanna, fino alla consacrazione al Royal Ballet di Londra, primo principal di colore della compagnia. Una costante nei primi anni la nostalgia di casa, a lungo lontano dalla famiglia tanto amata nonostante le asprezze e il carattere rigido del padre: atipico nell’assecondarne l’inclinazione, è stato all’opposto del genitore di Billy Elliot.
Efficace la ricostruzione della vita a Cuba, tra la famiglia – non sono mancate le tragedie – e l’austero mondo della scuola di danza, fino alle esperienze all’estero e all’autoaffermazione di un ragazzo che si è fatto da sé: vincente la scelta di alcune location, come l’edificio abbandonato dell’Avana dove Carlos ama danzare in solitudine. Tecnica e fisicità convivono in Acosta, quel che la regista madrilena esalta è il “quadro completo”: la semplicità, la costanza e il contesto di provenienza dell’uomo, senza farne un santino.
Mario Mazzetti, Vivilcinema