Tre piani


22/10/2021 - 23/10/2021

Proiezione unica ore 21

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Regia: Nanni Moretti
Interpreti: Margherita Buy - Dora, Nanni Moretti - Vittorio, Alessandro Sperduti - Andrea, Riccardo Scamarcio - Lucio, Elena Lietti - Sara, Alba Rohrwacher - Monica, Adriano Giannini - Giorgio, Denise Tantucci - Charlotte, Anna Bonaiuto - Giovanna, Paolo Graziosi - Renato, Stefano Dionisi - Roberto, Tommaso Ragno - Luigi, Teco Celio - Saverio, Francesco Acquaroli - Psichiatra, Daria Deflorian - Madre Di Monica, Francesco Brandi - Matteo, Lorenzo Fantastichini - Tommaso, Chiara Abalsamo - Francesca a 7 anni, Giulia Coppari - Francesca a 12 anni, Gea Dall'Orto - Francesca a 17 anni, Alice Adamu - Beatrice a 5 anni, Letizia Arnò - Beatrice a 10 anni
Origine: Italia, Francia
Anno: 2021
Soggetto: romanzo omonimo di Eshkol Nevo (Neri Pozza Editore)
Sceneggiatura: Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Valia Santella
Fotografia: Michele D'Attanasio
Musiche: Franco Piersanti
Montaggio: Clelio Benevento
Produzione: Fandango
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 119


Nanni Moretti, regista riconoscibile e spesso identificato con un universo preciso di temi, ha in realtà cambiato molto, nei decenni, il proprio modo di fare cinema, in un percorso quasi pendolare. Dalla struttura a sketch dei primi film a un recupero di una narrazione più strutturata con Bianca, poi la scelta di un cinema liberissimo da Caro diario e infine un ritorno al classico da La stanza del figlio in poi. Negli ultimi vent’anni il percorso è stato quello di una sempre maggior depurazione, della concentrazione su pochi essenziali elementi, fino agli ultimi risultati, i più intensi e rigorosi: Mia madre e questo Tre piani. Che rischia di sconcertare i fan dell’autore, per via di un’essenzialità di stile che sembra il correlativo di una visione desolata degli uomini e della società. Pochissimi movimenti di macchina, una fotografia (di Michele D’Attanasio) dai toni spenti, la musica di Franco Piersanti senza linee melodiche e soprattutto un lavoro sorprendente sugli attori, volti notissimi del cinema italiano abbassati di tono come se fossero fantasmi.
Il film racconta una vicenda corale, in un condominio che dopo il Covid appare quasi una metafora profetica di un vuoto umano e morale. Tre momenti della vita, tante colpe piccole e grandi. Nei film di Moretti non ci sono mai stati, se si fa attenzione, i “cattivi”; neanche qui ce ne sono, ma i personaggi tutti sono visti con una crudeltà inedita, in tutte le loro miserie. Eppure il regista vuole credere nonostante tutto nei suoi personaggi, non fa film contro di loro ma insieme a loro e si sforza di non rinunciare alla pietà e alla speranza (soprattutto verso le donne e nei ragazzi: i maschi adulti, direi, sono irredimibili). Tanto che per la prima volta il suo cinema così laico sembra risuonare di accenti quasi religiosi.
Emiliano Morreale, la Repubblica

Presentato lo scorso maggio a Cannes, Tre piani di Nanni Moretti ha avuto una calorosissima accoglienza di pubblico e un più tiepido riscontro di critica: in parole povere, ispirandosi a un testo altrui – Tre piani dell’israeliano Eshkol Nevo (Neri Pozza) – il cineasta avrebbe perso la sua personalissima cifra di autore-attore. Come scritto allora, siamo di diverso avviso. A voler fare psicoanalisi ruspante, la scelta di tradurre sullo schermo un libro freudianamente giocato sui tre livelli della psiche emblematizzati dai piani del titolo, induce a pensare che Nanni abbia sciolto i lacci del suo Super Ego (il principio di perfezione morale) in empatica accettazione delle debolezze umane dell’Es (l’istintuale principio del piacere) e dell’Io (l’ansiogeno principio di realtà). Ma Moretti è pur sempre Moretti; e, comunque, di questo slittamento interiore aveva dato segno in Mia madre, affidando il ruolo di alter ego alla vibratile Margherita Buy.
Trasferita l’ambientazione da TelAviv al romano Lungotevere delle Vittorie, il film si apre sull’incidente provocato in stato di ubriachezza dal figlio dell’ex-giudice del terzo piano Buy, vedova del giudice Moretti. Sotto gli occhi atterriti dell’inquilina del secondo piano Alba Rohrwacher, l’auto manda in frantumi la vetrata dell’appartamento al pianoterra di Riccardo Scamarcio, ossessionato dal sospetto che il vecchio dirimpettaio abbia abusato della figlioletta. E subito si configura un piccolo spaccato umano, segnato da eventi che si susseguono su scansione quinquennale. L’Es/Scamarcio finisce invischiato nella colpa di abuso attribuita al vicino; l’Io/Rohrwacher teme di soffrire della pazzia della madre; la Buy si macera per il figlio che il Super-io/Moretti ha voluto cancellare dalle loro esistenze. Le dinamiche etiche acquistano una consistenza tangibile, il flusso di coscienza della pagina si dipana sullo schermo sotto forma di flusso di vita. Ogni tanto il racconto perde in scorrevolezza ma, ricollegando felicemente i fili, il finale trova l’emozione sotto lo sguardo di un Moretti come riconciliato con se stesso e gli altri.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa