Mommy


09/01/2015 - 11/01/2015

Proiezione unica ore 21 anche domenica sera

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(…) Che sia un film fuori norma lo si capisce immediatamente dal formato delle immagini: un quadrato perfetto, base uguale all’altezza, più piccolo ancora dei vecchi film classici degli anni Trenta e Quaranta dove la base era più lunga (1:1.34). «Volevo che lo spettatore guardasse direttamente negli occhi dei miei personaggi, che non fosse distratto da nient’altro» e che niente gli è sembrato migliore che ridurre il formato dell’immagine, per concentrarsi solo sulla forza dei volti. Come nei ritratti fotografici.

Questa specie di cornice-gabbia, che si aprirà solo due volte nei 134 minuti del film, la prima per un momento di appagamento del giovane protagonista, la seconda per permettere a sua madre di immaginare un irrealizzabile futuro, questo “occhio quadrato” serve a Dolan per mettere a fuoco i suoi tre protagonisti: il quindicenne Steve (Antoine-Olivier Pilon) incapace di controllare i suoi improvvisi scatti d’ira; la madre vedova Diane (Anne Dorval) che fatica a conciliare il suo lavoro con i suoi slanci materni e la vicina Kyla (Suzanne Clément), insegnante che tartaglia, con un misterioso dolore alle spalle.

All’inizio del film vediamo Diane ritirare Steve da un istituto correzionale dove non vogliono più tenerlo per il suo comportamento aggressivo e poi li seguiamo nella complicata vita quotidiana, fatta di slanci d’amore e picchi di violenza e aggressività. L’entrata in scena della vicina sembra calmare le acque, soprattutto rispetto all’ipercinetico Steve, ma l’informazione che Dolan aveva dato agli spettatori all’inizio del film (l’ipotetica legge S14 che il Canada avrebbe adottato nel 2015, anno in cui la storia è ambientata) pende come una spada di Damocle sugli sforzi di normalità del terzetto.

Questo sinteticissimo riassunto non può, comunque, restituire quello che solo lo schermo può dare: la prova straordinaria di tre attori capaci di rendere reali e tangibili i grumi di dolore e di amore che agitano ognuno di loro, la forza delle immagini che restano spesso incollate ai loro primi piani e danno forma a un melodramma da camera struggente e sanguinante («che stabilisce continui legami tra il visuale e il viscerale», ha scritto giustamente con il solito piacere parigino per le frasi a effetto il critico Joachim Lepastier) e soprattutto la misura del talento di Xavier Dolan, capace di trascinare lo spettatore in un mondo che forse non avrebbe voglia di conoscere – qui in fondo si parla di una madre “cattiva” e di un figlio “violento” – e che invece cattura e commuove.

(Paolo Mereghetti – Il Corriere della Sera)

 

(…) Dolan è abilissimo a rendere i non detti, cifra dei maestri, mentre, all’opposto, la dichiarazione iniziale, che prepara alle più infauste attese, non inficia la tenuta della storia. Complice anche il formato quadrato che non lascia tregua agli attori, sempre addosso a frugare gli angoli della bocca, la mobilità degli occhi, l’indugiare delle mani. Una resa ancora più sorprendente visto che il regista canadese, al suo quinto lavoro, dichiara di non aver alcuna cultura cinematografica o letteraria, che i suoi punti di riferimento sono blockbuster come Mamma ho perso l’aereo (1990) di Chris Columbus o Batman il ritorno (1992) di Tim Burton. Senza snobismo o desiderio di atteggiarsi, quasi intimidito con un paio di jeans ricamati con fiorellini, giacca a quardroni, camicia fantasia di tonalità scure – ha spiegato che il cinema è la sua vita e che l’unica urgenza è quella di mettersi nuovamente dietro la macchina da presa.

Quello di Dolan è talento puro, rabbia per immagini, con la forza di chi si ribella con più vigore alle ferite della vita perché da giovani la pelle è meno spessa e il male più forte fa urlare a voce più alta. Forse è troppo pesante l’invasività della musica, o alcune scene sono eccessivamente cariche, ma Mommy crea un subbuglio emozionale genuino che rovescia la disperazione generando speranza.

(Cristina Battocletti – Il Sole24ORE)

Regia:

Xavier Dolan;

Interpreti:

Anne Dorval (Diane “Die” Després), Suzanne Clément (Kyla), Antoine-Olivier Pilon (Steve O’Connor Després), Patrick Huard (Paul Béliveau), Alexandre Goyette (Patrick), Michele Lituac (Preside), Viviane Pacal (Marthe), Nathalie Hamel-Roy (Natacha);

Origine:

Francia;

Anno:

2014;

Soggetto e sceneggiatura:

Xavier Dolan;

Fotografia:

André Turpin;

Musica:

Noia;

Montaggio:

Xavier Dolan;

Produzione:

Xavier Dolan, Nancy Grant per Metafilms;

Distribuzione:

Good Films;

Durata:

144’