Lucky


16/11/2018 - 17/11/2018

Proiezione unica ore 21

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Regia: John Carroll Lynch
Interpreti: Harry Dean Stanton, Ron Livingston, Ed Begley Jr., Tom Skerritt, Barry Shabaka Henley, James Darren, Beth Grant, Yvonne Huff Lee, Hugo Armstrong, David Lynch
Origine: Stati Uniti
Anno: 2017
Soggetto:
Sceneggiatura: Logan Sparks, Drago Sumonja
Fotografia: Tim Suhrstedt
Musiche: Elvis Kuehn
Montaggio: Slobodan Gajic
Produzione: Danielle Renfrew Behrens, Ira Steven Behr, Richard Kahan per Superlative Films Divide, Conquer Lagralane Group
Distribuzione: Wanted Cinema
Durata: 88


Harry Dean Stanton, caratterista di molti film nell’arco di sessant’anni, di cui i più memorabili negli anni Settanta, protagonista di Paris, Texas di Wim Wenders, è morto il 15 settembre scorso. Lucky, suo ultimo film, è un omaggio alla sua presenza scenica. L’attore vi interpreta una specie di filosofo cinico che vive in un paesino, benvoluto da tutti nonostante il suo spirito caustico, e forse a causa di quello. Abita da solo, passa il tempo tra il bar, il diner e il divano di casa. E, sotto sotto, comincia ad aver paura. Lo stile del film è volutamente inattuale come il suo protagonista, fatto di piccole scene senza climax. Questo, insieme all’interazione tra il corpo del protagonista e i luoghi (tra California e Colorado) gli dà un piccolo e genuino fascino. Il regista Lynch è a sua volta un noto caratterista di cinema e tv e non è parente di David, il quale però interpreta un curioso ruolo secondario.
Emiliano Morreale, La Repubblica

Una testuggine attraversa lo schermo, da destra a sinistra. Lo sfondo è brullo, da qualche parte nel West, al confine con il Messico. Inizia così Lucky, piccolo film sul vivere e sul morire.
A oltre novant’anni, Lucky – Harry Dean Stanton, nella sua ultima interpretazione – affronta ogni giornata dando al suo corpo fragile l’aiuto dello yoga. Intanto ascolta vecchie musiche mariachi, soprattutto Con el tiempo y con un ganchito. Ed è il tempo il «guscio» da cui Lucky è gravato. Lo è al punto da nascondere l’orologio sotto la manica della camicia. Poi, mattina dopo mattina, esce di casa e avanza con decisione lungo la via che attraversa il minuscolo paese in cui è invecchiato.
Il cinquantenne John Carroll Lynch e gli sceneggiatori quarantenni Logan Sparks e Drago Sumonja raccontano con affetto il cuore cupo e fiero del loro protagonista. Non lo giudicano né lo commiserano. Lucky è un realista, come lui stesso dice di sé. Non si fa illusioni. Ogni giorno rinnova la sua consapevolezza amara, e la mostra per quella che è a chi ha la pazienza e l’amicizia di ascoltarlo. L’amicizia, gli dicono, è essenziale per l’anima. Ma l’anima non esiste, risponde lui.
Una volta, tanti anni fa, è stato un uomo forte, come ogni uomo giovane. Da marinaio ventenne ha combattuto i Giapponesi, poi ha avuto le sue donne, per quanto senza figli di cui sia informato. E ora sta al solito angolo del bancone di un bar, per lo più muto, e sempre puntigliosamente sdegnoso. Non lontano siede Howard (David Lynch, il regista). È lui il padrone, anzi no, l’amico della testuggine che ha aperto il film. Mi ha abbandonato, si lamenta. E vorrebbe lasciarle in eredità le sue cose. Le testuggini, spiega, vivono anche duecento anni. E sono molto meglio di noi esseri umani. Portano con pazienza il peso del loro guscio, sapendo che sarà la loro tomba.
Torniamo così al tempo, di cui Lucky sente l’angoscia. Non ha malattie, anche se il suo corpo è svuotato. Il suo medico (Ed Begley Jr) ha le idee chiare, per quanto spiacevoli. Non ci sono esami da fare, né cure da seguire. Sei vecchio, e lo diventi sempre di più, Questo è il fatto, come direbbe ogni testuggine mediamente assennata.
Ma Lucky non è una testuggine, per sua sfortuna. È un essere umano. Gli esseri umani si scoraggiano, anche i più coraggiosi. E si disperano, anche quelli che più a lungo hanno sperato. Per di più, è un essere umano che ha scelto d’essere realista, nonostante la cosa appaia scomoda. Da ragazzo, senza volerlo, gli era capitato di uccidere un tordo. Ancora ci pensa. E ancora ricorda che il silenzio gettato sul mondo da quella piccola morte era stato devastante…
Ho paura, confida a una nuova amica (Yvonne Huff), e lei raccoglie in sé la sua paura, e ne addolcisce l’anima. Non essendo una testuggine, non vivendo chiuso in un guscio, è il caso di affidarsi ad altri. Magari a un gruppo di Messicani in festa, cantando per loro e con loro Volver, volver, con dolce sensualità mariachi.
E poi? Poi conviene sorridere, come qualcuno gli racconta d’aver visto fare da una bambina, nel massacro della guerra, sull’isola di Tarawa, nel 1943. Andare incontro a quel che non potrà non essere, con un sorriso, questo decide Lucky. E questo conferma la testuggine di Howard, il cui cammino chiude il film. Da sinistra a destra dello schermo, lenta e decisa.
Roberto Escobar, Il sole 24 ore