Le buone stelle – Broker

Locandina Le buone stelle

Broker


09/12/2022 - 10/12/2022

Proiezione unica ore 21
Rassegna "La grande luce" - Proiezioni aperte a soci e non soci del Circolo

Acquista i biglietti


Regia: Hirokazu Kore-Eda
Interpreti: Song Kang-ho - Sang-Hyeon, Doona Bae - Soo-Jin, Gang Dong-won - Dong Soo, Ji-Eun Lee - So-Young
Origine: Corea del Sud
Anno: 2021
Soggetto:
Sceneggiatura: Hirokazu Kore-Eda
Fotografia: Hong Kyung-pyo
Musiche: Jung Jae
Montaggio: Hirokazu Kore-Eda
Produzione: Zip Cinema
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 129


Sono turpi criminali o dolci benefattori, il maturo Sanghyeon (Song Kang-ho) e il giovane Dong-soo (Dong-won Gang) di Le buone stelle – Broker (Broker, Corea del Sud, 2022, 129’)? Già all’inizio del film Kore’eda Hirokazu li racconta così, in bilico – o forse in equilibrio – tra questi due estremi.
Una notte So-young (Jieun Lee) lascia il figlio appena nato ai piedi di un baby-box, versione tecnologica di quella che in italiano chiameremmo ruota degli esposti. Al di là della parete, sono in attesa e quasi in agguato Sang-hyeon e Dongsoo. I due, collaboratori di una chiesa-famiglia di Busan, grande città sul mare della Corea, decidono di portarsi a casa il piccolo. Lo venderanno ai migliori offerenti. In questo modo, dicono, gli eviteranno di crescere in un orfanotrofio, e loro ne ricaveranno qualche migliaio di won. A complicare il racconto ci sono anche due poliziotte in cerca di prove del loro traffico. Come se non bastasse, si aggiungono poi il cadavere di un giovane uomo e un piccolo stuolo di inquirenti sulle tracce dell’assassina.
Dopo Father and son (2013), Little sister (2015), Ritratto di famiglia con tempesta (2016), Un affare di famiglia (2018) e Le verità (2019), Kore’eda torna ancora una volta alle relazioni in famiglie che devono essere ricostruite, o costruite ex novo. Infatti, la sceneggiatura (dello stesso Kore’eda) trasforma in una famiglia impossibile, e allo stesso tempo modello, i due criminali, la giovane madre e Woo-sung (Ji-yong Park), un ragazzino in fuga da un orfanotrofio. La macchina da presa li segue nella loro auto lungo le strade coreane, da un colloquio con coppie sterili e ricche all’altro, indecisi se tenersi il neonato per amore o se venderlo, sempre per amore.
Poco interessato in questo suo sedicesimo film alla verosimiglianza e molto agli affetti, il regista giapponese fa procedere la storia con una serie di espedienti narrativi non sempre credibili, e talvolta pretestuosi. Resta però la tenerezza, in particolare quella di Sang-hyeon e Dong-soo, tenuti in bilico fra crimine e dolcezza fino a convincerci che siano in equilibrio.
Roberto Escobar, Il Sole 24 Ore

Che cos’è una baby box? Dipende. Secondo Google è una scatola con tutto l’occorrente per i primi mesi del bambino: ciuccio, bavaglini, biberon, forbicine etc. In Corea invece (ma anche in Giappone) la baby box è la versione moderna di quella che a Napoli era detta Ruota degli Esposti: uno sportello dentro cui vengono abbandonati i figli indesiderati. E il nuovo film di Kore-eda inizia proprio così: con una ragazza madre che lascia un neonato accanto a una baby box in una chiesa, due tipi che si affrettano a prendere il bambino e a cancellare il video della consegna, per rivenderlo. E due poliziotte che seguono tutto a distanza. Scoprendo ben presto che i due “broker” usano una scalcinata lavanderia come copertura.
Ma non è un giallo o un film di denuncia. È un’azzardata fiaba contemporanea su un mondo terribile che difficilmente sopporterebbe un trattamento realistico, girata (in Corea), dal regista giapponese di Un affare di famiglia e Father and son, grande specialista in affetti e legami, non necessariamente biologici.
Presto infatti questo strano gruppo composto dai broker, non proprio due duri, dalla ragazza madre che ci ha ripensato e non li molla più, e da un bambino che si nasconde nel loro furgone per fuggire dall’orfanotrofio, finiscono per formare una specie di famiglia virtuale che batte il paese in cerca di coppie pronte a scucire quattrini per quel neonato dalle sopracciglia perfette («Avete usato photoshop?»), prezzo base 7mila euro, le trattative sono insieme esilaranti e sinistre. Mentre le poliziotte continuano a pedinarli e addestrano addirittura due attori a fingersi aspiranti genitori.
Con molti momenti memorabili, grazie alla delicatezza del tocco di Kore-eda, che armonizza punti di vista molto diversi, e a un gruppo di interpreti fenomenali (il broker più vecchio, dai tratti paradossalmente materni, è il grande Song Kang-ho, già protagonista di Parasite, premiato a Cannes come miglior attore). Ma anche un eccesso di ottimismo della volontà che emerge soprattutto nell’ultima parte, quando il gioco si fa più scoperto e nei rapporti fra i personaggi si insinua una nota sentimentale che è la vera scommessa del film ma anche il suo limite. Un affare di famiglia, non a caso girato in patria, non chiudeva mai gli occhi sulla durezza del mondo. Broker un po’ sì.
Fabio Ferzetti, L’Espresso

 

Logo La grande luce

 

 

 

Rassegna proposta da ACEC-SdC Emilia-Romagna con il contributo della Regione Emilia-Romagna, Assessorato alla cultura e realizzata a Imola dal Circolo Cinematografico Cappuccini APS in collaborazione con il Cinema Pedagna