La donna elettrica


01/02/2019 - 02/02/2019

Proiezione unica ore 21

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Regia: Benedikt Erlingsson
Interpreti: Halldóra Geirharðsdóttir - Halla / Ása, Jóhann Sigurðarson - Sveinbjörn, Juan Camillo Roman Estrada - Juan Camillo, Jörundur Ragnarsson - Baldvin, Haraldur Stefansson - Gylfi Blöndal, Davíð Þór Jónsson - Pianista/Fisarmonicista, Ómar Guðjónsson - Susafono, Magnús Trygvason Eliasen - Batterista, Iryna Danyleiko - Coro ucraino, Galyna Goncharenko - Coro ucraino, Susanna Karpenko - Coro ucraino, Charlotte Bøving - Signora agenzia adozioni, Björn Thors - Primo ministro, Hilmir Snær Guðnason - Tassista, Jón Jóhannsson - Agricoltore serra, Þorsteinn Guðmundsson - Guardia carcerarie, Helga Braga Jónsdóttir - Guardia carcerarie, Jón Gnarr - Presidente dell'Islanda, Vala Kristín Eiríkssdóttir - Stefanía, Hjörleifur Hjartarsson - Assistente del Primo ministro, Albert Halldórsson - Assistente del Primo ministro, Eiríkur Stephensen - Assistente del Primo ministro, Olena Lavrenyuk - Direttrice dell'orfanotrofio, Margaryta Hilska - Nika
Origine: Islanda, Francia, Ucraina
Anno: 2018
Soggetto:
Sceneggiatura: Ólafur Egilsson, Benedikt Erlingsson
Fotografia: Bergsteinn Björgúlfsson
Musiche: Davíð Þór Jónsson
Montaggio: David Alexander Corno
Produzione: Slot Machine & Gulldrendurinn
Distribuzione: Teodora Filma
Durata: 100


Considerato uno dei Paesi ecologicamente più avanzati del mondo, l’Islanda dovrebbe essere un’oasi felice, ma vai a sapere! Dopo aver partecipato a un incontro della Banca Mondiale sul cambiamento climatico, il regista Benedickt Erlingsson è tornato in patria allarmato e ha messo il tema verde al centro del suo terzo film, La donna elettrica. La cui protagonista Halla, simpatica direttrice del coro, è segretamente un’abile arciera che se ne va in giro con le sue frecce a sabotare le linee elettriche, al fine di provocare black-out ai danni dell’industria. Ricercata come terrorista della polizia, Halla è tuttavia decisa ad andare avanti nella sua donchisciottesca battaglia contro il capitale globale, finché non riceve l’agognata risposta a una sua richiesta di adozione. Può rischiare la prigione sapendo che in Ucraina l’attende un’orfanella di quattro anni?
Chi ha visto Storie di cavalli e uomini conosce la vena surreale di Erlingsson; il fine approccio di commedia con il quale tocca problemi profondi, intercalando siparietti musicali in funzione di coretto greco: mentre la luminosa fotografia si assume il compito di far risaltare il fascino potente di una natura incontaminata e ancestrale. Al centro di questo nitido quadro tematico, Halla si raddoppia (interpretate entrambe dalla valida Halidora Geirharðsdóttir) nella gemella Asa, che in luogo di voler salvare il mondo aspira a conseguire un’armonia interiore, meditando in clausura in un ashram. Ma con intelligenza, Erlingsson mostra che le due sorelle altro non sono che immagini allo specchio di uno stesso idealismo; e l’apocalittico finale in un’Ucraina alluvionata insinua una nota di tensione, evitando al film la trappola del lieto fine.
Colpita da questa figura di eroina dura e pura, Jodie Foster ha acquistato i diritti della pellicola e, in veste di regista e attrice, si appresta a realizzarne una versione americana che alla luce della presidenza Trump si prospetta quanto mai necessaria e benvenuta.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

Benedikt Erlingsson voleva fare un feel good movie su una minaccia planetaria e c’è riuscito, azzeccando un tono altro, né action né classica commedia, com’è altro il paesaggio geografico e sociale islandese rispetto al resto del globo. Un registro fatto di paradossi, il più visivo dei quali è la corsa della protagonista per nascondersi dal drone nel nulla degli sterminati spazi aperti dell’isola, come dentro una novella esistenzialista o un film di Hitchcock, o ancora il travestimento con la pelle di pecora, che riporta ad una dimensione mitica, di animalità come forza e di antica, vichinga collaborazione tra uomo e natura, oggi costantemente negata.
Erlingsson scrive e dirige una storia tutta al femminile, nella quale il fisico e l’intensità espressiva di Hallora Geirharðsdóttir sono protagoniste assolute, addirittura raddoppiate dall’espediente narrativo della gemella di Halla, interpretata dalla stessa attrice. Ma la questione femminile è anche interna al racconto, nel richiamo della maternità, nelle metafore del ventre della terra, nel patto che lega le due sorelle e anche nella solitudine dell’impegno della protagonista, che però arriva allo spettatore in forma divertente e sentimentale, tra cellulari nascosti nel freezer, cugini di campagna, automobili dai colori improbabili e accanimento delle istituzioni e del destino contro un povero turista sudamericano.
Piccola anticommedia della contemporaneità, imparagonabile alle punte cinematografiche di un Kaurismaki o di un Roy Andersson (per restare a Nord). La donna elettrica è in ogni caso una visione salutare e gradevolissima, che, sotto la confezione leggera, fa la sua dichiarazione al mondo attraverso il megafono del cinema, con modi garbati ed evitando di prendersi troppo sul serio, lasciando quel genere di serietà, drammatica e alla fine inutile, al vociare indistinto della televisione. In questa operazione, di sdrammatizzazione da un lato ed eleganza del tocco dall’altro, ha un ruolo fondamentale il disegno sonoro del film, sofisticato ed elettrizzante, con la messa in scena ritmica ed umoristica del trio di musicisti.
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