In ordine di sparizione


28/11/2014 - 29/11/2014

Proiezione unica ore 21

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Di solito, in un film poliziesco, i morti ammazzati rappresentano l’acme dell’azione. O un qualche momento di svolta. Con un’uccisione, la storia prende il via o imbocca una direzione inattesa. Nel film del regista svedese Hans Petter Moland In ordine di sparizione, i cadaveri diventano invece una specie di macabro segno d’interpunzione, come delle virgole lungo un discorso, a segnare un cammino complesso e accidentato. Alla fine del film i morti ammazzati non si contano più, però non hanno mai un’aria truce, anche se non ci viene risparmiato né il sangue né la violenza. Piuttosto sono come dei momenti di sospensione, dove la storia rallenta o prende una strada inaspettata ottenendo però un effetto opposto alle aspettative: fanno più sorridere che spaventare… In effetti, all’ultimo festival di Berlino, dove In ordine di sparizione era stato presentato, il film era sembrato una pausa corroborante e fin spensierata lungo un cammino fatto di opere ben più ponderose. Eppure era un thriller vero e proprio, con un inizio drammatico e doloroso (la polizia comunica a una famiglia la morte per overdose del figlio amatissimo), che però il tono disincantato e sorprendente della regia riusciva a rendere accattivante e coinvolgente. Aiutato anche dalla prova di alcuni attori in stato di grazia. L’inizio, come ho detto, ha i toni del film apocalittico: in una Norvegia coperta di neve, Nils (Stellan Skarsgard) si incarica di tenere pulite le strade con i suoi spazzaneve. E lo fa con tale perizia e impegno che lo vediamo prepararsi a ricevere il premio come cittadino dell’anno. Ma non fa in tempo a compiacersi di questo risultato – e a respingere le proposte di un politico locale che lo vuole portare dalla sua parte che la polizia gli annuncia il ritrovamento del cadavere del figlio, morto per overdose su una panchina. Sono inutili le proteste dei genitori, pronti a giurare sulla rettitudine del loro ragazzo: con un laconico «i genitori dicono tutti così», nessuno è disposto a indagare un po’ di più, e Nils sente crollargli il mondo addosso. Se non fosse per un amico del giovane defunto, che terrorizzato non si sa da chi, svela il proprio coinvolgimento in un traffico di cocaina e l’assoluta estraneità dell’amico morto. A questo punto il cittadino esemplare decide di trasformarsi nel vendicatore di se stesso e risalendo lungo catena di comando dell’organizzazione criminale, comincia a scovare ed eliminare uno a uno i responsabili della morte del figlio. Nonostante l’inesperienza e il film e anche un po’ di fiatone dovuto all’età, perché prendere a pugni un malfattore non è proprio un lavoretto da ragazzi… però le cose si complicano perché nessuno immagina che “un signor nobody” possa trasformarsi in un killer e invece chi tira le file del commercio di cocaina – un damerino vegano (Pal Sverre Hagen) ossessionato dall’ex moglie e con una banda di complici piuttosto folcloristica – si convince che della morte dei suoi uomini sia responsabilità del “papa” (Bruno Ganz, divertentissimo e compiaciuto della propria gigioneria) e la sua banda di serbi, dando così inizio a una serie di morti sempre più irrefrenabile. Nella guerra tra gang (e di Nils contro tutti) entrano anche il fratello del protagonista con il suo presente di gangster in pensione, un killer “cinese” e l’incolpevole figlio del damerino, mentre la regia si diverte a tenere i conti dei cadaveri “in ordine di sparizione”, con delle specie di annunci mortuari a schermo intero. E più la “guerra” diventa cruenta più la regia raffredda i toni con lunghe scene con gli spazzaneve in azione o piccole curiosità alla Tarantino (i soprannomi cinematografici dei malviventi, le riflessioni più insensate nei momenti meno opportuni) ma giocate con una secchezza e un’efficacia che evitano il rischio citazionista e aumentano il divertimento. Ne esce un film che evidentemente sente l’influenza del la scuola nordica del giallo (la sceneggiatura è di Kim Fupz Aakeson) e della sua capacità di ancorare la storia all’interno delle contraddizioni della società e del presente. Anche qui c’è il malaffare, la droga, la violenza gratuita e improvvisa, le contraddizioni dell’Europa (la mafia serba che arriva fino al Nord…), i silenzi del paesaggio innevato, la “cecità” della polizia e più in generale della Legge… Ma tutto è raccontato con un distacco contagioso e ironico, capace non dico di farci ridere ma certamente di farci sorridere. Skarsgård, Hagen e Ganz sembrano giocare tra di loro a chi strappa lo schermo all’altro e la sequenza dei morti che interrompe il racconto con i suoi manifesti luttuosi diventa una specie di gioco irriverente e irreale. Che finisce per rimandarci quella stessa follia quotidiana che è alla base del successo del noir letterario.

(Paolo Mereghetti – Il Corriere della Sera)

 

Regia: Hans Petter Moland; Interpreti: Stellan Skarsgård (Nils), Bruno Ganz (Papa), Pål Sverre Valheim Hagen (Il Conte), Birgitte Hjort Sørensen (Marit), Jakob Oftebro (Aron Horowitz), Kristofer Hivju (Strike), Anders Baasmo Christiansen (Geir), Sergej Trifunovic (Nebojsa), Tobias Santelmann (Finn), Atle Antonsen (Reddersen); Origine: Norvegia, Svezia, Danimarca; Anno: 2014; Sceneggiatura: Kim Fupz Aekson; Fotografia: Philip Ogaard; Musica: Kaspar Kaae; Montaggio: Jens Christian Fodstad; Produzione: Paradox Film 2 in coproduzione con Zentropa Entertainments 5, Zentropa International Sweden; Distribuzione: Teodora Film (2014); Durata: 116’