Il corpo


28/02/2025 - 01/03/2025

Proiezione unica ore 21

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Regia: Vincenzo Alfieri
Interpreti: Claudia Gerini - Rebecca Zuin, Giuseppe Battiston - Corrado Cosser, Andrea Di Luigi - Bruno Furlan, Amanda Campana, Andrea Sartoretti
Origine: Italia
Anno: 2024
Soggetto: film "El cuerpo" di Oriol Paulo
Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Giuseppe G. Stasi
Fotografia: Andrea Reitano
Musiche:
Montaggio: Vincenzo Alfieri
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 115


Il corpo è, innanzitutto, alla lettera, quello della matura imprenditrice di successo Rebecca Zuin (Claudia Gerini, perfetta), ora vivo e colmo di lussuria e crudeltà, ora misero resto sballottato in un gioco a rimpiattino che parte con la sua scomparsa dall’obitorio e vede il tignoso e incattivito ispettore Cosser (Giuseppe Battiston, inatteso) sospettare il di lei vedovo giovane e infedele (Andrea Di Luigi, da Nuovo Olimpo di Ozpetek). Ma il corpo è in fondo anche quello del cinema di genere italiano sul quale film di Alfieri opera chirurgicamente, con una bella consapevolezza e memoria storica (a occhio e croce, tra A doppia faccia di Freda e Una pura formalità di Tornatore), attraverso il remake di un autentico film format come lo spagnolo El cuerpo di quell’Oriol Paulo già al centro di una rete analoga di multi-adattamenti con Contrattempo (da noi Il testimone invisibile). Rispetto all’originale, complice in sceneggiatura Giuseppe Stasi, si accentua un certo gusto macabro-nero, si sfrondano alcuni personaggi, si semplifica qualche tortuosità, s’indulge in una coda finale crudele, meno beffarda della chiusa perfetta di El cuerpo. È una bella operazione industriale sul genere come puro meccanismo ben pensata da Eagle con Sony, azzeccatissima nel casting, alla quale Alfieri porta un plus con la sua abilità di montatore nel continuo spostarsi tra passato e presente. Certo, c’era già quasi tutto in El cuerpo, inclusa quella patina visiva marcescente della lunga notte all’obitorio, tra interrogatori, blackout e allucinazioni, ma Il corpo lo batte nel ritmo febbricitante della messa in scena. Da vedere, con grande fiducia nelle prossime mosse del regista.

Rocco Moccagatta – Film TV

 

[…] Lasciamo come è giusto che sia per un thriller a scatole cinesi come Il corpo il compito di riportare a galla una verità che è tutt’altro che scontata e prevedibile. Merito di una scrittura che riesce attraverso false piste, depistaggi, fumo gettato negli occhi e abili trucchi di prestidigitazione, a giocare al gatto con il topo con lo spettatore e con molti dei personaggi coinvolti. In tal senso solamente l’artefice della complessa macchinazione è al di sopra delle parti, mentre tutte le altre figure coinvolte altro non sono che le pedine di una partita che solo in zona Cesarini avrà il suo scacco matto. Come si giunge ad esso è il risultato di un percorso volutamente frammentato e non lineare temporalmente che assomiglia a una ragnatela che si dipana tra flashback che si fondono col presente, pieno zeppo di indizi apparenti, di botole nascoste, di mosse e contromosse per spiazzare un fruitore costretto a navigare a vista tra luci e ombre, di specchietti delle allodole per confondere le acque e riflettere quelle che sono le doppie facce dei personaggi. Perché nessuno ne ha una sola e tutti hanno degli scheletri celati nel doppio fondo dell’armadio. Viene da sé che proprio un cadavere svanito nel nulla sia il baricentro su e intorno al quale ruota e si sviluppa un mistery dal meccanismo a orologeria, che lavora soprattutto sulle atmosfere, su una tensione latente e crescente destinata a implodere in prossimità del coup de théâtre che cambia tutte le carte in tavola spazzando via dal tavolo ogni ipotesi e certezza. Il corpo è uno di quei film che gli amanti del giallo machiavellico non potranno che apprezzare. La confezione fotografica visivamente impattante di Andrea Reitano, il lavoro avvolgente sul sound design, il ritmo cangiante impresso al e dal montaggio dello stesso Alfieri, uniti alle pennellate orrorifiche gettate sulla timeline, alle soluzioni registiche esteticamente funzionali (vedi l’utilizzo asfissiante della macchina da presa sui primi piani nel prologo e nella scena della festa in maschera) e all’uso claustrale delle topografie che restituiscono oppressione e perenne circoscrizione come in un kammerspiel vecchia scuola, fanno da cassa di risonanza che ne amplifica il livello febbrile di coinvolgimento e intrattenimento. A questo partecipano attivamente le interpretazioni di un Giuseppe Battiston camaleontico e convincente, una Claudia Gerini perfettamente in parte in un ruolo cucito su misura per lei, delle spalle ben calibrate come Andrea Sartoretti, Amanda Campana e Rebecca Sisti. Peccato solo per un Andrea Di Luigi che funziona a intermittenza, alle prese con il personaggio del principale sospettato che ne ha messo a dura prova la performance complessiva. Dal canto suo, i precedenti da davanti alla cinepresa di Alfieri hanno fatto la differenza, consentendo comunque a tutte le scene, anche quelle più a rischio di caduta in termini di credibilità, di restare sempre in bolla.

Francesco Del Grosso – Cinematographe.it