Gagarine – Proteggi ciò che ami

Locandina Gagarine

Gagarine


04/12/2022

Proiezione unica ore 21
Rassegna "La grande luce" - Proiezioni aperte a soci e non soci del Circolo

Acquista i biglietti


Regia: Fanny Liatard, Jérémy Trouilh
Interpreti: Alseni Bathily, Lyna Khoudri, Jamil McCraven, Finnegan Oldfield, Denis Lavant, Farida Rahouadj
Origine: Francia
Anno: 2020
Soggetto:
Sceneggiatura: Fanny Liatard, Jérémy Trouilh, Benjamin Charbit
Fotografia: Victor Seguin
Musiche: Amine Bouhafa, Evgueni Galperine, Sacha Galperine
Montaggio: Daniel Darmon
Produzione:
Distribuzione:
Durata: 97


Anni Sessanta. Yuri Gagarin inaugura il progetto abitativo che poi prese il suo nome alla periferia di Parigi. Inizia così, con questi filmati d’archivio in bianco e nero e gli sguardi felici e sorridenti dei suoi futuri abitanti, l’opera prima di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh […]. Trecentosessantacinque appartamenti, un enorme complesso di alloggi popolari di mattoni rossi. Edifici alti, costruiti al fine di sgomberare tutte le baraccopoli che si estendevano ai confini della capitale francese e che, nel 2019, furono demoliti, rasi al suolo per dare spazio a nuovi progetti di riqualificazione urbana. Quei palazzoni per gli occhi di Youri (Alséni Bathilly) , uno dei suoi tanti abitanti, erano così alti semplicemente perché puntavano alle stelle e alla luna.
Ecco, con lo stesso sguardo poetico e da sognatore del protagonista, idue registi ci raccontano la storia di Cité Gagarine, prendendo dal reale (il film è stato girato poco prima e durante la demolizione avvenuta nell’estate del 2019 in collaborazione con isuoi residenti a Ivry-sur-Seine) e accostandoci quella cifra surreale riescono ancor meglio a documentarci la resistenza di chi credeva in quell ’utopia collettiva architettonica.
Per certi versi, Gagarine ricorda un altro bell’esordio (sempre presentato ad Alice nella città) dal titolo Punta Sacra, racconto di cinquecento famiglie che vivono nell’ultimo lembo di terra alla foce del Tevere e che resistono lottando quotidianamente contro il rischio della demolizione.
Sempre in bilico tra le salde radici nel complesso architettonico e la (sua-loro) testa tra le stelle il racconto di questa comunità “vicina alla luna” commuove e ci fa scoprire una banlieue di sognatori (nel cast anche la brava Lyna Khoudri, già in The Specials).
Assolutamente da non perdere.
Giulia Lucchini, cinematografo.it

Si apre nel segno della Storia Gagarine, film d’esordio di Fanny Liatard e Jérémy Trouilh: sono le immagini d’archivio dell’inaugurazione di un complesso abitativo nella periferia parigina da parte di Jurij Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, da cui la Cité prende il nome. Un progetto architettonico di 370 appartamenti che allora, siamo all’inizio degli anni ‘60, rappresentava un’utopia collettiva – la convivenza di persone di diversa estrazione culturale e sociale – e che oggi, persa la connotazione più politica, è diventato il punto di riferimento di una comunità che non condivide semplicemente uno spazio fisico ma un insieme di valori, di ricordi e di sogni. Come quello del giovane Youri (prima prova per Alseni Bathily), che vorrebbe fare l’astronauta (un’assonanza che rimanda ad altre) e che si impegna in una missione per salvare il luogo in cui è nato e cresciuto, destinato a sparire per sempre in seguito alla decisione di demolirlo.
Da un’immagine in 4:3 si passa a un formato panoramico: lo schermo nero si apre pian piano da destra a rivelare un’alba vista da una prospettiva “cosmica”; si vedono delle parabole in un sottofondo sonoro che rievoca una stazione spaziale, e dall’interno di una navicella arriva lui, il nostro eroe, vestito di tuta e casco. Realtà e immaginazione sono le due facce perfettamente intercambiabili che i registi scelgono per raccontare una storia che abita(va) il presente – nell’agosto del 2019 si sono conclusi i lavori di smantellamento – e che lascia in questo film tracce della sua esistenza: sono i profili di un edificio che si staglia verso il cielo con la sua massa imponente e riconoscibile; un corpo fatto di mura, scale, porte, androni, corridoi e attraversato da una corrente umana che ha ormai trovato in esso la propria dimensione, nonostante sia fatiscente e alcune parti cadano a pezzi.
Per Youri, che è stato abbandonato dalla madre, quella è la sua casa, la sua vera famiglia; se ne prende cura, la adatta alla sua condizione, costruisce al suo interno un habitat naturale quando fuori tutto è spento e privo di vita – restano solo i segnali luminosi della sua amica Diana (Lyna Khoudri, un’attrice che in pochissimo tempo si è ritagliata ruoli molto interessanti). Lo sguardo di Youri è quello di tanti ragazzi resilienti che fino alla fine portano avanti un ideale, che non abbandonano la nave a meno che non sia essa stessa a espellere il suo comandante e a partire solitaria per un nuovo viaggio.
Marco Bolsi, Sentieri Selvaggi

 

Logo La grande luce

 

 

 

Rassegna proposta da ACEC-SdC Emilia-Romagna con il contributo della Regione Emilia-Romagna, Assessorato alla cultura e realizzata a Imola dal Circolo Cinematografico Cappuccini APS in collaborazione con il Cinema Pedagna