Close


27/01/2023 - 28/01/2023

Proiezione unica ore 21

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Regia: Lukas Dhont
Interpreti: Eden Dambrine, Gustav De Waele, Émilie Dequenne, Léa Drucker
Origine: Belgio, Paesi Bassi, Francia
Anno: 2021
Soggetto:
Sceneggiatura: Lukas Dhont, Angelo Tijssens
Fotografia: Frank van den Eeden
Musiche: Valentin Hadjadj
Montaggio: Alain Dessauvage
Produzione:
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 105


Da non perdere è Close di Lukas Dhont. Ha vinto il Grand Prix all’ultimo festival di Cannes, dove il regista belga classe 1991 (!) si era rivelato nel 2018 con l’opera prima Girl, che gli valse la Camera d’or. Là raccontava una ragazza transgender sulle punte (danza classica), stavolta con un altro titolo di elementare semplicità fotografa la vicinanza tra due tredicenni: Léo (Eden Dambrine) e Rémi (Gustave De Waele), sono loro a essere così infinitamente close.
Scritto ancora a quattro mani con Angelo Tijssens, prodotto dal fratello Michiel, si dedica intimamente, dolorosamente e totalmente alla rottura di un sodalizio amicale, di più, di un idillio fusionale. Lo fa con una lucidità ammirevole, il coraggio della sofferenza, il rifiuto del senso di colpa, la temerarietà della verità: una carezza in un pugno o, meglio, il contrario, che alla poetica della giusta distanza preferisce la congruenza e poi il baratro. Prima che diretto da un regista, è un film concepito e realizzato da un essere umano, senziente e empatico all’unisono: nel soggetto non c’è poi nulla di inedito, nella resa molto di meritorio. Preparate i fazzoletti, perché nel concretarsi della delusione, nell’affacciarsi della disperazione Dhont non fa prigionieri, scansando al contempo qualunque tentazione ricattatoria o cincischiamento sentimentoso. Dunque, l’incrinatura che squasserà l’Eden, il De profundis che si leva dai banchi di scuola, pelosamente e penosamente attaccato alla domanda delle compagne a Léo: sta insieme a Rémi? Verrà il bullismo dei compagni, ne verrà la perdita dell’innocenza, la rinuncia a un rapporto che è mondo, tanto mutuale quanto esclusivo: al mattino Rémi non aspetta più Léo per andare insieme in bicicletta, la notte non ci dorme più al fianco, si iscrive a hockey, ed è un abbandono in fieri. L’amicizia aveva un cuore di carne e i piedi di argilla. Le immagini di Dhont, quindi le luci di Frank van den Eeden, assistono perfino supplici, ma mai impotenti al passo a due e i suoi inciampi, baluginando impressioni simboliche – i campi di fiori, prima inneggianti all’unione e poi industrialmente recisi – e sintetizzando la catarsi. Ci sono echi, da Truffaut al meno ovvio Jacques Doillon, c’è tormento e clemenza, c’è un grande lavoro con gli attori: Eden Dambrine è un miracolo di intensità, Émilie Dequenne, nei panni della madre di Rémi, una garanzia di pathos. Close è tra i favoriti all’Oscar al film internazionale, già straniero, e nella sua misura umanissima e umanista non è perfettibile. Vedere per credere.

Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano

Léo e Rémi fanno tutto insieme: le corse in bicicletta, la lotta nei prati, le battaglie con spade di legno, dormono insieme in tenda o a casa dell’amico. Siamo nelle Fiandre, oggi. Da notare l’assenza di cellulari in mano ai ragazzini. La felicità viene interrotta dall’ingresso nella nuova scuola. Léo e Rémi siedono vicini, i loro gesti di tenerezza suscitano la curiosità di una bambina impicciona. Dal banco dietro si informa «ma voi siete una coppia?». «Anche voi ragazze vi state sempre addosso, appiccicate, insieme anche in bagno» è il debole tentativo di difesa. Léo reagisce malissimo al commento che forse non aveva intenzioni malevole – ma sulla bontà dei compagni di scuola adolescenti è difficile fare affidamento (pure se educati con le migliori intenzioni gender fluid). Entra nella squadra di hockey e ridicolizza le fantasticherie spadaccine condivise nei tempi felici (“non è vero nulla, nessuno ci insegue e non siamo nelle segrete di un castello”). Gli sguardi, i pettegolezzi, la forzata solitudine provocano la tragedia. Sappiamo da Girl – il suo film precedente immerso in un filtro color caramello – che Lukas Dhont è incapace di lieto fine. Lì c’era un ragazzino che sognava di fare la ballerina classica: in transizione con il consenso di genitori e insegnanti, e il controllo dei medici fornitori di ormoni. Close segue il ritmo della coltivazione e della raccolta dei fiori, i capelli hanno il color del grano. Spettatori in lacrime. Anche nella cinica Cannes.

Mariarosa Mancuso, Il Foglio