Brian and Charles
28/10/2022 - 29/10/2022
Proiezione unica ore 21
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Regia: Jim Archer
Interpreti: David Earl - David, Chris Hayward - Charles, Louise Brealey - Hazel, Jamie Michie - Eddie, Lynn Hunter - Winnie, Lowri Izzard - Katrina, Mari Izzard - Suki, Cara Chase - June, Nicholas Asbury - Stu, Sunil Patel - Phil
Origine: Gran Bretagna
Anno: 2022
Soggetto:
Sceneggiatura: David Earl, Chris Hayward
Fotografia: Murren Tullett
Musiche: Daniel Pemberton
Montaggio: Jo Walker
Produzione: Mr Box
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 90
Brian guarda in macchina. Conduce nel suo universo solitario nel Galles del Nord. La voce-off, all’inizio, sembra raccontare questa storia come se fosse al passato. «Ero molto giù». Così comincia quella che sembra avere il tono di ua favola-fantasy e si trasforma poi in un inno alla ribellione: quello di Charles nei confronti del suo padre-amico creatore, quello di Brian in quelli dei Tommington, i suoi prepotenti vicini di casa.
Brian è un inventore che conduce un’esistenza solitaria. Le sue giornate sono simili e ogni tanto incontra Hazel, una donna timida dipendente dalla madre oppressiva. Un giorno costruisce un robot alto circa due metri componendo il suo corpo con una testa di manichino malconcia e una vecchia lavatrice. Ci mette un po’ ad attivarsi, poi inizia a parlare elencando nomi di oggetti letti in un dizionario. Si chiamerà Charles Petrescu, cognome che arriva dal libro Wire World che ha appena letto. All’inizio i due si divertono insieme poi Charles ha bisogno di maggiore indipendenza e sogna di andare nelle Hawaii, a Honolulu. Intanto i vicini di casa, di cui Charles ha molta paura, diventano sempre più minacciosi.
Brian e Charles ci mette un po’ a partire e a decollare. Forse dipende dal fatto che il meccanismo narrativo è così collaudato che non apre inizialmente le porte a una possibile imprevedibilità. I due protagonisti Dave Earl e Chris Hayward, anche sceneggiatori, hanno già portato in scena Brian e Charles in spettacoli comici dal vivo e poi sono stati protagonisti dell’omonimo cortometraggio del 2017 diretto sempre da Jim Archer, qui al primo lungometraggio.
Il film sembra inizialmente indeciso sulla strada da prendere, soprattutto quando adotta uno stile finto-documentarista, con Brian che guida lo spettatore a conoscere la sua casa, le sue abitudini alimentari (i cavoli che poi diventeranno pallottole) prima di guidarlo nella stanza delle invenzioni. Poi, dal momento in cui Charles prende vita, finalmente si vivacizza a partire da uno scatenato ballo sulle note di Don’t Leave Me This Way dei Communards. Brian e Charles diventa una favola scatenata e malinconica, immersa in un paesaggio alla Jim Sheridan in Il campo dove si nascondono però zone inquietanti negli abitanti del posto tra Peckinpah di Cane di paglia e Boorman di Un tranquillo weekend di paura. Brian e Charles si libera così progressivamente della sua origine teatrale. Ciò si vede soprattutto in una scena al mare con i due protagonisti insieme ad Hazel dove, in modo sottile ma deciso, c’è un cambio di marcia alla storia. I dialoghi, il plot passano in secondo piano. I protagonisti acquisiscono così una vita propria dentro al film. Il finale crea suspense ma è anche liberatorio. La commedia, dichiaratamente strampalata, acquista d’intensità e vivacità dal momento in cui non ha più paura di essere sentimentale.
Simone Emiliani, Sentieri Selvaggi
Tom Hanks sperduto sull’isola deserta aveva un pallone di nome Wilson per amico, (era la marca, un pacco della Federal express aveva fatto naufragio con lui). Brian lavora come tuttofare aiutando le casalinghe, in un posto sperduto lassù nel Galles. A tempo perso, inventa e costruisce macchine che quasi mai funzionano. Nei dintorni, solo una ragazza timidissima che vive con la madre. Stanco di non poter parlare con nessuno, Brian costruisce un robot alto due metri, con la testa di un manichino e per corpo una vecchia lavatrice. Charles Petrescu detto Charlie – il nome se l’è scelto il congegno meccanico, che riesce a pronunciare parole trovate su un vecchio dizionario. Si stufa prestissimo del clima nebbioso, vorrebbe tanto andare a Honolulu. Umano e macchina – i bravi comici Dave Earl e Chris Hayward – hanno perfezionato i loro personaggi in spettacoli teatrali. Il film non sa bene che direzione prendere, se stare dalla parte dell’uomo che all’inizio ci conduce nella stanza delle meraviglie, o dalla parte della macchina che prima di smaniare per Honolulu si scatena nel ballo – titolo del brano: “Don’t leave me this way”. Attorno ci sono vicini antipaticissimi e sinistri, anche loro avranno la loro lezione su come si sta al mondo, le macchine sono più avanti nel saper vivere e nell’allegria. Commedia piuttosto strampalata. molto inglese e di nicchia. Da fine stagione, in attesa delle novità dalla Mostra di Venezia.
Mariarosa Mancuso, il Foglio