Boyhood


27/03/2015 - 28/03/2015

Proiezione unica ore 21

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Premiato al festival di Berlino con l’Orso d’argento (con disappunto di molti, che lo consideravano superiore a Black Coal Thin Ice, il notevole noir cinese vincitore dell’Orso d’oro), Boyhood è uno straordinario esperimento cinematografico e un film bellissimo. La storia è la più classica delle coming of age: un ragazzino cresce, dall’infanzia all’arrivo al college, in una famiglia media della sterminata provincia americana. Cresce con lui la sorella, di un paio d’anni più grande, e cambiano i genitori, separati, entrano in scena nuovi partner e patrigni, si susseguono gli amici, gli insegnanti, i vicini, i parenti acquisiti, arrivano le prime simpatie e maturano i primi amori, si affollano gli interrogativi e si affacciano le prime vocazioni. Tutto in un flusso naturale e disteso di due ore e quarantacinque minuti, che scorrono in un batter d’occhio, mimando con leggerezza, commozione, humor, svagatezza, con piccole fitte di dolore o persino di fastidio l’impercettibile, disperante scorrere del tempo del quale solo ogni tanto ci rendiamo conto, con molta malinconia. «Pensavo che ci sarebbe stato di più», dice nell’ultima scena in cui compare Olivia, la mamma che, nonostante i successivi matrimoni (sbagliati), ha tirato su i figli con fiera adesione ai propri principi e ora vede partire il secondo per il college, si sente disorientata e ha un attimo di lucida percezione della velocità del tempo. E noi, con lei, sentiamo tutto, rivediamo quei momenti felici o drammatici, ma soprattutto «normali» lungo i quali si sono dipanati dodici anni. L’adesione tanto spontanea ed empatica alle soggettive intrecciate di questi personaggi nasce, certo, dalla fluidità del racconto e dalla bravura di regista e interpreti ma, prima, dall’idea che sta all’origine di Boyhood, dal progetto, bizzarro e coraggioso, sul quale Richard Linklater l’ha costruito con certosina e intelligente pazienza.
Linklater (autore sensibile ed eccentrico, che ha scarti imprevedibili anche quando realizza un film «commerciale» come School of Rock) l’aveva annunciato nel 2002 come The Twelve Years Project: per dodici anni, una volta all’anno, avrebbe convocato il cast e la troupe del film, per girare un pezzetto della sua storia. Allora Ellar Coltrane (Mason, il protagonista) aveva sette anni, Lorelei Linklater (la figlia del regista, che è Samantha, sua sorella) nove, ed Ethan Hawke e Patricia Arquette (i genitori separati Mason sr. e Olivia) tra i trenta e i quaranta. E ogni anno, ognuno di loro è tornato per qualche giorno sul set, con un taglio di capelli diverso, il corpo e il volto mutati, con qualche ruga e qualche chilo in più gli adulti e allungati, sfinati e con una fisionomia inedita i ragazzi. La sceneggiatura esisteva, ben definita, ma Linklater l’ha ogni volta riplasmata adattandola alle persone che si trovava davanti. Con le persone cambiano le case e i luoghi, non solo perché mamma e figli traslocano spesso (sempre in Texas, dalla provincia a Houston e di nuovo alla provincia), ma perché si evolve la loro condizione sociale e psicologica, e cambia l’America, e in televisione s’intravede la guerra in Iraq, e i due ragazzini vanno in giro con il padre a far campagna per Obama, ed escono il nuovo libro di Harry Potter e la seconda trilogia di Star Wars, arrivano i portatili Mac e l’iPhone e Facebook, nei locali pubblici non si fuma più, e le ragazze portano i capelli rosso sangue e i ragazzi lo smalto blu sulle unghie. La musica accompagna gli anni, come un sottofondo quotidiano e mai invasivo, dai Coldplay, ai Wings, ai Gotye, al Black Album con il meglio dei Beatles post-Beatles che Mason sr. confeziona per il figlio adolescente.
A Linklater piace lavorare sul tempo, sulla percezione che ne abbiamo e su come il cinema può restituircela, e ci ha già raccontato la storia di una coppia, attraverso tre momenti chiave: nel 1995, in Before Sunrise – Prima dell’alba, Jesse e Céline (Ethan Hawke e Julie Delpy) si incontrano su un treno diretto a Vienna e trascorrono una notte chiacchierando in giro per la città; si rivedono nel 2004 in Before Sunset – Prima del tramonto, a Parigi, dove passano insieme un’altra giornata; e li ritroviamo nel 2013 in Before Midnight quando, finalmente diventati una coppia, attraversano una crisi. Boyhood è uno sviluppo ulteriore, ma da un approccio opposto: al «caso» e ai momenti sorprendenti si sostituisce uno scorrere piano e quasi impercettibile, un flusso di sensazioni ed emozioni che passano non dette in Mason jr e negli altri e ce li riconsegnano uguali e diversi. È come se noi cambiassimo con loro; è, anzi, il racconto di come noi siamo cambiati negli anni, e di come stiamo cambiando. È uno specchio, nel quale ritrovare tracce di noi.
Emanuela Martini – Il Sole 24 Ore

 

Regia:

Richard Linklater

Interpreti:

Ellar Coltrane (Mason), Patricia Arquette (Olivia), Ethan Hawke (Mason Sr.), Lorelei Linklater (Samantha), Tamara Jolaine (Tammy), Nick Krause (Charlie), Jordan Howard (Tony), Evie Thompson (Jill), Tess Allen (Nancy), Sam Dillon

Genere:

Drammatico

Origine:

Stati Uniti d’America

Anno:

2013

Soggetto:

Richard Linklater

Sceneggiatura:

Richard Linklater

Fotografia:

Shane F. Kelly, Lee Daniel

Montaggio:

Sandra Adair

Durata:

165’

Produzione:

Richard Linklater, Cathleen Sutherland per  Boyhood Inc., Detour Filmproduction

Distribuzione:

Universal Pictures International Italy (2014)