Anime nere


16/01/2015 - 17/01/2015

Proiezione unica ore 21

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Fratelli. Il malavitoso “vecchia maniera” che gestisce il traffico di droga con l’Olanda; quello borghese che vive in una casa elegante con una moglie elegante (lei sa ma non vuole sapere); quello che preferisce stare con le capre e vorrebbe dimenticare la famiglia e i suoi affari sporchi. Ma c’è anche Leo, il figlio che rinnega il padre e aspira a diventare potente e rispettato come lo zio. Ci sono i patti e gli sgarbi, Milano e la Calabria (le due Calabrie, Africo di sopra e di sotto), l’arcaico e il moderno (ma senza stereotipi), il passato che incatena gli eredi a un destino ineluttabile. Anime nere è scritto in forma di tragedia, come il romanzo di Gioacchino Criaco da cui è tratto. Non è un film di denuncia, non intende documentare alcunché, non spiega e non vuole indignare. Semmai utilizza gli strumenti del film di genere (un noir con risvolti sociali, un ’ndrangheta gangster movie) per farci vedere meglio ciò che di solito guardiamo senza capire. E alla fine diventa anche “documento” (antropologico). È una questione di dettagli, ambienti, legami che imprigionano, radici che soffocano, dialoghi in italiano o in dialetto a seconda dei messaggio e dell’interlocutore. Munzi fa un passo indietro e lascia che a parlare siano i luoghi, i personaggi (ottime interpretazioni), la storia che procede lucidamente e inesorabilmente verso la catastrofe finale. Al bando la mitologia del genere e l’iconografia malavitosa, rimangono il racconto e la realtà. Bastano e avanzano.

(FilmTv)

 

Anche i critici stranieri hanno apprezzato Anime nere, quasi tutti quelli italiani davano per sicuro alla recente Mostra di Venezia il Leone d’Oro, o un altro premio importante al film di Francesco Munzi. Invece la giuria internazionale ha scelto diversamente, e, contrariamente a quanto succede spesso ai registi favoriti che alla fine non vengono premiati, Munzi si è comportato da gran signore, nessuna protesta ma anzi ha riconosciuto che molti dei film di questa 71a edizione erano meritevoli, e che quindi l’essere stato dimenticato dai premi non lo offendeva. Può darsi che la giuria abbia pensato che malgrado l’indubbio valore di Anime nere, cinema e televisione ormai debordano di storie di criminalità italiana, mafia, camorra e in questo caso ’ndrangheta. Comunque al mercato del Festival di Toronto, il film è stato comprato da molti paesi.

Calabria, Aspromonte, Africo vecchia e Africo nuova, tutte e due ridotte a ruderi, considerate il luogo più mafioso d’Italia. La storia, ispirata al romanzo dell’africese Gioacchino Criaco dallo stesso titolo (Rubettino), racconta la vita senza scampo dei tre fratelli Carbone, figli di un contadino ammazzato quando erano bambini, e loro sanno da chi: Rocco vive a Milano, ha una bella moglie, una casa lussuosa, un ufficio nei nuovi grattacieli e un’impresa di costruzioni che paga in nero, finanziata dal fratello Luigi che si è arricchito con il traffico di cocaina; Luciano è rimasto nel paese con la moglie e il figlio ventenne Leo, alleva capre, sta lontano dai clan ed è molto devoto. L’Africo del film è un paese di uomini legati alla tradizione mafiosa, dell’onore, della vendetta, del crimine. Le sue donne sono sottomesse al silenzio, alla famiglia, ai lutti che prima o poi le piegheranno. Ma anche gli africesi che vivono al Nord una vita apparentemente borghese, è al paese che tornano per sistemare i possibili sgarri ricevuti dalla famiglia. Così Rocco e Luigi scendono da Milano ai piedi dell’Aspromonte per appianare una faida in cui è implicato il giovane Leo, che disprezza il padre e vorrebbe essere come gli zii.

È un’Italia sconosciuta che vediamo solo nei film, nelle fiction e in qualche inchiesta e fatto di cronaca, che si ripete senza soluzione, come se quei magnifici paesaggi selvaggi della montagna e quel mare splendente, quella ricchezza criminale, quella società dimenticata, quell’abbandono da parte dello Stato, quelle vite primitive e lussuose, precarie e sanguinarie, contadine e borghesi, fossero intoccate e intoccabili, chiuse nei loro riti tragici e antichi. I colori notturni del film preparano agli ammazzamenti, la lingua parlata da tutti, l’africese, musicale, duro, incomprensibile (tradotto dai sottotitoli in italiano) dà il senso di un mondo indecifrabile e sconosciuto, le belle facce primitive paiono appartenere a un altro tempo, a luoghi lontani e irraggiungibili. Gli attori, tutti meridionali, e alcuni abitanti di Africo, sono eccellenti, emozionanti, anche commoventi. (…)

(Natalia Aspesi – La Repubblica)

Regia:

Francesco Munzi;

Interpreti:

Marco Leonardi (Luigi), Peppino Mazzotta (Rocco), Fabrizio Ferracane (Luciano), Barbora Bobulova (Valeria), Anna Ferruzzo (Antonia), Giuseppe Fumo (Leo), Pasquale Romeo (Ercole);

Origine:

Italia/Francia;

Anno:

2014;

Sceneggiatura:

Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, Maurizio Braucci, Gioacchino Criaco;

Fotografia:

Vladan Radovic;

Musica:

Giuliano Taviani;

Montaggio:

Cristiano Travaglioli;

Produzione:

Luigi Musini, Olivia Musini, Fabio Conversi per Cinemaundici e Babe Films con RAI Cinema, in collaborazione con On My Own;

Distribuzione:

Good Films (2014);

Durata:

103’