A Chiara


12/11/2021 - 13/11/2021

Proiezione unica ore 21

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Regia: Jonas Carpignano
Interpreti: Swamy Rotolo - Chiara, Claudio Rotolo - Claudio, Grecia Rotolo - Giulia, Carmela Fumo - Carmela, Giorgia Rotolo - Giorgia, Antonio Rotolo - Antonio, Vincenzo Rotolo - Enzo, Antonina Fumo - Nina, Giusi D'Uscio - Giusy, Patrizia Amato - Patatina, Concetta Grillo - Celeste Tripodi, Koudous Seihon - Ayiva, Pio Amato - Pio
Origine: Francia, Italia
Anno: 2021
Soggetto:
Sceneggiatura: Jonas Carpignano
Fotografia: Tim Curtin
Musiche: Dan Romer, Benh Zeitlin
Montaggio: Affonso Gonçalves
Produzione: Stayblack
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 121


A Chiara è, dopo Mediterranea e A Ciambra, la terza parte della triologia sudista di Jonas Carpignano, personale autore che sta tra Manhattan e Lamezia Terme e riesce a fare un film intimista sulla ‘ndrangheta, uscendo dagli schemi stile Gomorra, invece inseguento con macchina a mano, detective e confessore, il quotidiano di Chiara, ragazzina che adora il padre e scopre troppo tardi, quando scappa, che traffica in droga.
La storia di Chiara delusa dall’inganno è quella di una dinamica familiare tradita e il film si apre e chiude su due feste di compleanno: i 16 anni della ragazza e poi quella dei 18. […] È uno stile senza fronzoli, da documentario, con la voglia di raccontare una figlia ai tempi della banalità del male: la scena del covo dove papà prepara le dosi di cocaina da spacciare, come fosse Tempi moderni, è antologica.
Tutto così naturalistico ma senza altoparlanti retorici tanto che l’insostituibile Swamy Rotolo recita e cova nel film il suo disamore soffrendo nel cast composto dalla sua vera famiglia.
È la cultura cinematografica ibrida di Carpignano a regalarci terrazze sul mare che contengono in sé già un incubo e compleanni di volgarità da talk show, silenziosa riflessione sui legami e tradimenti di sangue trincerati dietro un lieto fine apparente.
Maurizio Porro, il Corriere della Sera

Rigore e linguaggio personale contraddistinguono (e non è poco, nel cinema odierno) i film di Jonas Carpignano, che con A Chiara torna a Gioia Tauro per chiudere la triologia iniziata da Mediterranea e passata per il preimato A Ciambra. Nel piccolo centro calabrese, ostaggio della ciminalità e del declino economico, i ragazzi conducono un’esistenza simile a quella di tutti gli altri. Così sembra significare la lunga sequenza d’apertura: una festa per il diciottesimo compleanno di Giulia cui partecipano le sorelle minori, Chiara e Giorgia, assieme a tanti amici e parenti. Però la normalità si rivela illusoria quando il padre delle ragazzine si dà alla latitanza, ricercato dai carabinieri. Decisa a sapere la verità, Chiara s’inoltra in un mondo underground di rifugi sotterranei e di malavita, mentre la sotria si fa sempre più cupa.
Diversamente da troppi film italiani degli ultimi anni, A Chiara non vuol essere un romanzo criminale: Claudio, il padre, fa parte della manovalanza della ‘ndrangheta e giustifica il suo sporco lavoro di spacciatore col bisogno economico. Assumendo da subito il punto di vista di Chiara, adolescente ribelle e vulnerabile, Carpignano immerge lo spettatore in un’atmosfera empatica: tiene lamacchina da presa addosso ai personaggi e percorre gli spazi in lunghe semi-soggettive basate sulla profondità di campo. Balzano in mente varie analogie, dal cinema-verità di John Cassavetes ai Dardenne e Kechiche; incluso il neorealismo, per il ricorso ad attori non professionisti, come l’intensa Swamy Rotolo e la sua (autentica) famiglia. Però rielaborate da Carpignano in uno stile tutto suo.
Roberto Nepoti, la Repubblica