Life, Animated


17/03/2017 - 18/03/2017

Proiezione unica ore 21

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Regia: Roger Ross Williams
Interpreti: Jonathan Freeman, Gilbert Gottfried, Owen Suskind, Ron Suskind
Origine: Stati Uniti
Anno: 2016
Soggetto:
Sceneggiatura: Ron Suskind
Fotografia:
Musiche: Dylan Stark, Todd Griffin
Montaggio:
Produzione: Julie Goldman
Distribuzione: I Wonder Pictures e Fil Rouge Media
Durata: 91'


Disney come chiave d’accesso dell’autismo. A testimoniarlo è lo stesso Owen Suskind, oggi poco più che ventenne, gravemente autistico dall’età di tre anni. Chiuso nel muro assordante che lo separava dal mondo esterno, il ragazzo è cresciuto nell’emulazione letterale seguita dalla comprensione dei comportamenti dei personaggi della casa di Topolino: grazie al Re Leone, Aladdin, La sirenetta e compagna ha iniziato a sviluppare una sorta di coscienza di sé e di ciò che lo circonda. La prodigiosa esperienza di Owen, amorevolmente supportata da mamma Cornelia e da papà Ron (giornalista e scrittore premio Pulitzer, autore del libro sul figlio Animated: a story of sidesicks, heroes and autism) si è tradotta nell’esemplare documentario di Roger Ross Williams, Life, Animated, già vincitore del pubblico al Sundance e ora candidato all’Oscar tra i docs a sfidare, autorevolmente, il nostro Rosi. Un film luminoso, mai retorico o dolente, formalmente impeccabile nel suo mostrare il mondo dallo sguardo inedito e purissimo di chi soffre di una sindrome troppo a lungo considerata impenetrabile.

(Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano)

 

All’età di tre anni, Owen Suskind, anziché progredire col naturale sviluppo delle abilità motorie e cognitive, cominciò a subire una sorta di regressione, smise di parlare, se non attraverso un borbottio continuo e incomprensibile, e si chiuse sempre più in se stesso, con la sola compagnia dei classici Disney, fino a rendersi del tutto irraggiungibile dai suoi stessi genitori. La diagnosi di autismo, che dopo un tour di specialisti venne appuntata definitivamente al caso di Owen, gettò la famiglia nella disperazione, finché un giorno, il padre non si accorse che c’era un modo di comunicare col piccolo, parlando il linguaggio dei personaggi dei film.

Si apre così una breccia nel muro fatto di una sostanza sconosciuta ma apparentemente inscalfibile che relega Owen fuori dalla società e da una prospettiva di futuro. Appare sempre più chiaro che, conoscendo ogni battuta a memoria, il ragazzo è in grado di utilizzare i film d’animazione e le avventure che interessano i loro personaggi per orientarsi nei fatti della vita e dare un nome alle proprie emozioni.

Roger Ross Williams, che ha già esplorato un territorio contiguo con Music by Prudence, un cortometraggio di trenta minuti su un gruppo di giovani disabili africani che hanno saputo superare le barriere imposte dalla disabilità attraverso la musica, con Life, Animated fa un passo più lungo, non solo in termini di minutaggio.

Colpito dal memoir redatto da Ron Suskind sulla vicenda del suo secondogenito, dopo averne riassunto con immagini e filmati di repertorio l’infanzia, decide di raccontare un momento di passaggio, quello in cui il ventitreenne Owen sta per lasciare il nido famigliare per prendere possesso di un appartamento in cui vivrà, per la prima volta, in totale autonomia. Ed è commovente vedere come ciò che preme di più al protagonista del documentario, tra gli scatoloni del trasloco che lo ha portato a 120 chilometri da dove è cresciuto, è quello che contiene le videocassette della Sirenetta, di Aladdin, Pinocchio e degli altri film della sua vita. Come si trattasse di dizionari, necessari in un paese straniero, o di manuali per la vita, con le istruzioni per l’uso.

Il caso clinico di Owen, la sua storia singolare, che ispira fiducia e speranza, non va al cinema per strappare qualche lacrima: ci viene portata da Williams perché il cinema è per essa un approdo più che sensato, in qualche modo naturale. Owen Suskind ha inconsapevolmente fatto proprio un mattone della teoria della settima arte, secondo cui il cinema è un linguaggio: le scene dei film sono diventate per lui elementi di una sintassi emotiva, le battute frasi da utilizzare nel contesto di riferimento figurativo, e dentro il linguaggio dei film Disney egli ha persino trovato lo spazio per ritagliarsi una propria fonetica e un’appartenenza simbolica, all’insieme dei personaggi secondari, gli aiutanti dell’eroe. Autonominatosi protettore di questo gruppo variegato di aiutanti, Owen si è letteralmente scritto e disegnato il suo spazio nell’universo disneyano: non più un outsider della società, ma finalmente “a casa”.

(Marianna Cappi – My Movies)